Treviso. Dall’eroina alla mini-coca: la lotta quotidiana del medico che combatte la droga

Treviso. Zanusso lascia la direzione del Serd dopo 35 anni. «Oggi la tossicodipendenza è diventata una polidipendenza con l’alcol, e le famiglie sono più assenti»
zago AG.FOTOFILM treviso dottor germano zanusso direttore dipartimento dipendenze ulss 2
zago AG.FOTOFILM treviso dottor germano zanusso direttore dipartimento dipendenze ulss 2

TREVISO. Nella Treviso degli anni Ottanta il dramma dell'eroina. Le canne simbolo dei figli dei fiori, la cocaina “roba” da ricchi. Con il passare del tempo è scesa l'età dei consumatori e siamo arrivati ai fine settimana dello sballo a basso costo, a suon di alcol e pasticche. Nessuno meglio del dottor Germano Zanusso, classe 1951, direttore del Servizio per le dipendenze patologiche (Serd) dell'Usl 2, conosce l'evoluzione del fenomeno della tossicodipendenza nella Marca. Dopo 35 anni di attività andrà in pensione a giugno.

Dottor Zanusso, un bilancio del lavoro svolto?

«Nei servizi che ho contribuito a creare sono passati circa 30 mila pazienti, giovani e famiglie, alla ricerca di un aiuto per intraprendere insieme un percorso».

Cosa l'ha spinta a scegliere questa strada, in un'epoca in cui i “tossici” erano relegati ai margini della società?

«Dopo la laurea in psicologia iniziai a collaborare come assistente di cattedra all'Università di Padova interessandomi di devianza sociale, poi con il Ministero di Giustizia per il trattamento dei detenuti. Nel 1983 ottenni l'incarico di psicologo per le tossicodipendenze all'Usl di Treviso, era quello che volevo fare: applicare le conoscenze cliniche allo spirito riabilitativo».

Un approccio nuovo per l'epoca e l'avvio di un progetto pilota: la creazione di un Centro diurno.

«L'idea venne subito appoggiata, in via Zermanese nacque la comunità riabilitativa. Nel 1988 al primo congresso mondiale sull'argomento ci presero a modello, arrivarono a Treviso delegazioni di esperti da Israele, Spagna, Romania, Siberia e Svezia».

Com'era il contesto sociale in cui si è trovato a operare inizialmente?

«Trent'anni fa la tossicodipendenza faceva molta paura, c'era l'immagine dei ragazzi che si bucavano, il timore dell'overdose e delle morti. Ma allo stesso tempo avevamo un assetto sociale più favorevole al recupero del tossicodipendente. Lavoravamo a stretto contatto con i genitori, che partecipavano alle terapie sostenendo i figli nel processo di reinserimento socio-lavorativo. Questo supporto affettivo è sempre importante perché i casi vadano a buon fine».

Quali sono state le principali tipologie di tossicodipendenza affrontate negli anni?

«All'inizio dominava l'eroina, al contempo LSD e cannabinoidi come espressione ideologica degli hippy. La cocaina solo nelle classi benestanti, poi negli anni '90 iniziò a diminuire di prezzo fino ad arrivare alle minidosi datate 2005, costano 7 euro, una strategia per dominare lo scenario ricreativo dei giovani e garantirsi nuovi clienti. Dal 2000 l'avvento delle droghe sintetiche, pasticche di anfetamina ed ecstasy, associate al binge drinking, l'abuso alcolico e un drammatico abbassarsi dell'età d'inizio, sotto i 16 anni».

In che modo si è evoluta la società trevigiana?

«Oggi è cambiato il contesto, la tossicodipendenza è diventata una polidipendenza da droga e alcol. Ma ad allarmarci più di tutto è la minore presenza delle figure di riferimento, le famiglie odierne sono spesso disgregate, hanno difficoltà economiche e manca la vicinanza genitoriale che è un elemento chiave della riabilitazione».

Cosa spinge un giovane a provare la sostanza?

«In un primo momento la curiosità. Il passo è breve dall'uso all'abuso fino a scivolare nella dipendenza che tiene legati psicologicamente e fisicamente alla sostanza».

Ragazzi e ragazze sono consapevoli del pericolo che corrono?

«No, soprattutto per quanto riguarda i cannabinoidi, il cosiddetto spinello, è diffusa la credenza che non faccia male e invece deteriora le facoltà mentali».

Uscire dalla dipendenza, c'è una storia che porta nel cuore?

«Risale a tanti anni fa, una ragazzina di 16 anni rimase orfana di genitori a causa di un incidente, la cresceva la nonna che non aveva capito il suo disagio. La giovane si era avvicinata alla prostituzione per pagarsi gli stupefacenti. Un'esistenza semidistrutta, poi il percorso di riabilitazione. Cinque anni fa la incontrai, aveva terminato gli studi, si era sposata e aveva avuto dei figli. Mi disse: “Germano, se non ti avessi visto mi sarei dimenticata di essere stata tossicodipendente”. Per me la soddisfazione più grande».
 

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