Traffico di fitofarmaci, Cunial è libero

Scarcerato l’imprenditore montebellunese della Verde Bio. La difesa: accuse infondate, nessun traffico di veleni
Di Sabrina Tomè
Guerretta Montebelluna elezioni comunali 2011 lista Bellona Gianandrea Cunial Guerretta Montebelluna elezioni comunali 2011 lista Bellona Arzenton - Gianandrea Cunial
Guerretta Montebelluna elezioni comunali 2011 lista Bellona Gianandrea Cunial Guerretta Montebelluna elezioni comunali 2011 lista Bellona Arzenton - Gianandrea Cunial

MONTEBELLUNA. È tornato libero l’imprenditore montebellunese cinquantunenne Gianandrea Cunial accusato di associazione per delinquere finalizzata alla contraffazione. In altre parole di far parte di una banda che commercializzava fitofarmaci velenosi. Il tribunale del Riesame di Napoli ha accolto le istanze dei difensori, gli avvocati Massimo Malvestio e Giuseppe Galzignato, e ha scarcerato venerdì pomeriggio (senza disporre alcun’altra misura) il titolare dell’azienda «Verde Bio» di Montebelluna che ieri è rientrato nella sua abitazione. I legali hanno sostenuto la totale infondatezza delle accuse rivolte dalla magistratura campana a Cunial: «L’importazione intercomunitaria dei prodotti contestati», hanno sottolineato gli avvocati, «era del tutto lecita: l’ordinanza ha messo sullo stesso piano la produzione e il commercio dei principi attivi - lecita - con il commercio al dettaglio di fitofarmaci contenenti quei principi che è invece attività non consentita». L’inchiesta a carico di Cunial e di altre 34 persone (nei cui confronti sono state confermate le misure), resta naturalmente aperta, ma la decisione del Riesame rappresenta una svolta favorevole al montebellunese.

L’uomo era finito in manette lo scorso 18 luglio mentre si trovava in vacanza in Sardegna: i carabinieri lo avevano prelevato dall’albergo cinque stelle di Porto Cervo in cui soggiornava, direttamente al carcere di Sassari. Secondo la Procura di Napoli, che ha coordinato le indagini del Nucleo Antifrodi del Comando Carabinieri Politiche Agricole e Alimentari, Cunial faceva parte di un’organizzazione criminale che importava in Italia per rivendere al dettaglio fitofarmaci realizzati con principi attivi vietati nell’Unione Europea: i Paraquat dicloruro, il Trifluralin e il Dormex, tutte sostanze tossiche e nocive per l’ambiente. I prodotti, ritengono gli inquirenti, venivano acquistati in Olanda da Cunial e da lui trasportati fino a Napoli dove entravano in azione due operai marocchini che in un capannone di Somma Vesuviana mescolavano le sostanze tra loro. A questo punto, sempre secondo le contestazioni, il fitofarmaco così ottenuto veniva confezionato, munito di falso attestato di conformità e messo in vendita per essere utilizzato in agricoltura, nelle coltivazioni di pomodori e di prosecco tra le altre. Fin qui, dunque, le accuse della Procura partenopea che ha iniziato l’indagine nel 2009, con un primo sequestro di 140 tonnellate di sostanze tossiche.

Un pericolosissimo traffico di veleni al quale però il montebellunese sarebbe del tutto estraneo come la difesa ha spiegato nell’udienza di venerdì scorso e come il tribunale del Riesame ha evidentemente ritenuto decidendo la scarcerazione. L’uomo altro non avrebbe fatto se non il suo lavoro: importazione e commercio di alcuni materiali tra cui il Paraquat e il Trifluarlin (non invece Dormex). «Si tratta», ha sottolineato la difesa, «di sostanze chimiche e non di prodotti fitosanitari». Una differenza sostanziale, questa: nei Paesi dell’Unione Europea è infatti consentito produrre e commerciale tali principi attivi, mentre è proibito utilizzarli in agricoltura o venderli ad agricoltori sottoforma di fitofarmaci. Ebbene, la Verde Bio acquistava i principi attivi in fusti di 200 litri dall’olandese Simonis - che pubblicizza regolarmente tali sostanze sul suo sito - e poi li rivendeva «talvolta senza neppure averli visti» ad un’altra azienda che li riceveva a Ghedi (Brescia) allo scopo di rivenderli a sua volta. Passaggi del tutto regolari, sottolinea la difesa di Cunial, come peraltro dimostrato dalla trasparenza dell’attività commerciale documentata da bonifici, documenti di trasporto e documenti fiscali. Nelle fatture, poi, si precisava che si trattava di «prodotto industriale non destinato al consumo» con l’ulteriore avvertenza che «l’acquirente si dovrà mettere in conformità con la normativa europea».

La difesa, dopo aver puntato sull’insussistenza dei gravi indizi a carico di Cunial, ha fatto riferimento altresì all’inesistenza del pericolo di fuga. I conti dell’imprenditore, infatti, perlomeno quelli aperti con gli istituti di credito del territorio, sono in passivo e non consentierebbero alcuna latitanza: un buco di 320 mila euro per la Verde Bio e di 900 mila euro per quelli personali.

Non è la prima volta che l’imprenditore montebellunese finisce nei guai per la sua attività commerciale: più volte i suoi prodotti sono stati sottoposti a sequestro per essere poi puntualmente restituiti dal tribunale del Riesame. Per i legali non c’è dubbio: nei confronti dell’uomo c’è un vero e proprio accanimento. I motivi? Legati probabilmente a un’attività di concorrenza non propriamente leale è la convinzione di Cunial.

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