Tiramigiù, la tradizione cambia verso

Passato e futuro nel libro dello chef stellato Nicola Dinato da oggi in edicola con il nostro giornale
Di Cristiana Sparvoli

di CRISTIANA SPARVOLI

Tutti lo conoscono, e apprezzano, con il nome di Tiramisù (o Tiramesù come scrive Giuseppe Mafffioli), il dolce al cucchiaio veneto più noto - ed imitato - al mondo. Invece Nicola Dinato, chef stellato di Castelfranco Veneto, lo fa diventare Tiramigiù, cosicchè «la tradizione assume nuovi gusti e colori, spaziando tra consistenze e temperature». I classici savoiardi ci sono sempre, abbinati agli amaretti secchi. Il caffè c’è ma nel gelato; al posto del mascarpone la crema di zabaione al marsala, più le scaglie di cioccolato. La ricetta la si trova nella sezione dolci (insieme alla pinza con sorbetto alle pere o il salame al cioccolato e noci) del libro “La cucina veneta dello chef. Come trasformare le ricette tradizionali in opere d’arte” che Nicola Dinato ha da poco dato alle stampe con Editoriale Programma. Il volumetto (127 pagine, fotografie a colori di tutti i 42 piatti proposti tra antipasti, primi, secondi e dolci) da martedì 30 giugno è in vendita nelle edicole allegato ai quotidiani veneti della Finegil Editoriale: La Nuova di Venezia e Mestre, La Tribuna di Treviso, Il Mattino di Padova e il Corriere delle Alpi. Un interessante viaggio nella tradizione culinaria veneta, innovata con sperimentazioni “leggere”, intelligenti e inedite descritto nel libro e da ripercorrere a casa, acquistando il libro a 8,80 euro più il costo del giornale. Il “chi è” dell’autore è presto detto: si è diplomato all’Alberghiero “Maffioli” di Castelfranco Veneto nel 2000; a 20 anni è partito per un giro del mondo con cui ampliare orizzonti e conoscenze professionali; dopo diverse esperienze con grandi maestri (il francese Ducasse su tutti) torna in Italia e nel 2009 viene eletto Chef Emergente del Nordest dal Touring Club d’Italia; nel 2011 apre con la moglie Elodie il suo primo ristorante, Il Feva, premiato nel 2015 con l’assegnazione della stella Michelin e si fa promotore della Cucina Madre. Ma Nicola ha anche il “tarlo” della scrittura e dopo avere pubblicato nel 2014 (sempre con Editoriale Programma) l’autobiografico “Vita da Cuoco” , adesso ha sfornato un libro in cui esprime il proprio “Manifesto di propaganda culinaria”, con cui invita ad avvicinarsi ai fornelli, più che fornire ricette, e consiglia ai lettori: «Fuggite dalla tecnologia. Innamoratevi della cucina semplice. Coltivate orti, andate nei campi. È da lì che tutto ha inizio. Comprate i prodotti dei piccoli contadini, dei casolari. Ritrovate i sapori delle vostre radici». Quindi fornisce una breve guida per cucinare in casa, in cui non devono mai mancare - tra le tante cose elencate - le erbe aromatiche fresche, tre tipi di aceto (di vino, balsamico e di mele), salsa di soia, colatura di alici, oltre agli arnesi del mestiere: dal semplice tagliere al macinaspezie, dal frullatore a immersione al setaccio. Tutte le ricette sono inedite e create da Nicola per questo ricettario che si colloca tra passato, presente e futuro, figlio di una gloriosa cucina regionale in cui basta allungare la mano per prendere quel che serve e trasformare popolari piatti - di te. rra o di mare - in qualcosa di inedito, frutto di una ricerca continua che parte da un’accurata selezione delle materie prime in cui Dinato, con il suo staff, impiega molto tempo e talento. Le “venetissime” sarde in saor con l’antica marinatura agrodolce si arrichiscono della tempura di radicchio di Castelfranco croccante; le tagliatelle sono condite con le bevarasse (la dizione di Pellestrina e Chioggia meno comune delle “pevarasse”, piccole vongole di laguna) e le punte di asparagi verdi appena sbollentate; il bollito misto della festa abbina alla gallina padovana latte e miele il cous cous di cavolfiori. E persino la medioevale torta Zonclada ringiovanisce con il gel all’arancia.

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