Tenta l’evasione, indagati i genitori

L’intera famiglia di Valerio Crivello - il salumiere di 33 anni residente a Preganziol e finito in cella con l’accusa di essere un killer della ’ndrangheta calabrese - sotto inchiesta per la spettacolare evasione programmata dal carcere di Tolmezzo. Nelle intercettazioni ambientali disposte dalla magistratura, emergerebbe la partecipazione dei familiari al piano di fuga che prevedeva addirittura l’uso di un elicottero. La Procura friulana ha iscritto nel registro degli indagati il padre Giuseppe, la madre e il fratello Daniele, abitanti nella Marca.
I colloqui intercettati. I sospetti sono scattati a seguito di quanto emerso dalle intercettazioni dei colloqui in carcere. Crivello, ritengono i magistrati, avrebbe chiesto ai genitori e al fratello Daniele un supporto logistico nella fuga, aiuto consistente nella mappatura della zona esterna al penitenziario di Tolmezzo. Ma ecco le conversazioni incriminate. Lo scorso 29 agosto il salumiere sollecita i familiari a fotografare l’esterno della casa circondariale e a ricavare da Internet una planimetria della struttura vista dall’altro. Il 10 ottobre, però, i parenti comunicano l’impossibilità di svolgere la missione loro affidata: «La zona su internet è oscurata», gli spiegano. Ma lui insiste: gli serve una pianta con le vie circostanti al carcere. Qualche giorno più tardi, il 29 dello stesso mese, Crivello accennai ai parenti la soluzione-elicottero facendo anche il nome di un suo compagno di detenzione (Maurizio Alfieri, indagato a sua volta per il tentativo di evasione): «Se però Alfieri va a Verona, allora zero», comunica il salumiere ai parenti. E, da altri colloqui «rubati» a Crivello emergono i dettagli del progetto Escape, com’è stato ribattezzato dagli inquirenti: gli «esterni» dovevano noleggiare un elicottero con la scusa di utilizzarlo per studi universitari da svolgere nell’area. Una volta che il velivolo arrivava in prossimità al penitenziario, il commando armato lo avrebbe dirottato costringendo il pilota ad atterrare dentro le mura del penitenziario. Un piano articolato, una fuga spettacolare che è stata sventata prima della sua attuazione determinando il trasferimento di tutti carcerati coinvolti. Valerio Crivello è stato così portato al penitenziario di massima sicurezza di Piacenza dove l’altra mattina è stato raggiunto dall’avviso di chiuse indagini della Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro.
Chiuse le indagini sulla ’ndrangheta. Un fascicolo di 100 pagine da cui emerge la doppia vita del giovane salumiere: killer in Calabria e insospettabile commesso, nonché istruttore di arti marziali, nella Marca. Ma non basta: Crivello era stato anche in missione all’estero con l’esercito italiano. Nulla che facesse sospettare una sua partecipazione alla spietata guerra di cosche della ’ndrangheta di Paola, così come è stata ricostruita dalla magistratura calabrese negli atti con cui chiede il rinvio a giudizio di 84 persone per reati associativi di stampo mafioso. Più precisamente a Crivello viene contestata la partecipazione all’omicidio di Pietro Serpa, appartenente a un gruppo rivale, e il tentato omicidio di Giancarlo Gravina, anche lui componente di una cosca nemica a quella del salumiere.Contestata al giovane anche l’estorsione: gli investigatori ritengono che abbia danneggiato i mezzi meccanici della Edilrestauro, un’azienda del settore delle costruzioni a cui la ’ndrangheta aveva chiesto il pizzo.
Intercettato a Treviso. I fatti contestati nell’inchiesta che porta la firma dei magistrati Giuseppe Borrelli ed Eugenio Facciolla, risalgono al periodo in cui Crivello risiedeva ancora in Calabria: il suo trasferimento nella Marca risale a 10 anni fa. Nonostante questo allontanamento, gli inquirenti dell’Antimafia hanno continuato a intercettare Crivello ritenendo evidentemente che il givoane non avesse mai interrotto i rapporti con la ’ndrangheta.
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