Tecnico comunale muore a 52 anni
Vedelago. Didonè ucciso dal male, lo piangono famiglia, colleghi e volontari

VEDELAGO. «Sarà difficile che torni, ma non impossibile…Anzi, tornerò». Si è congedato così Luigino Didonè, dipendente tecnico del Comune di Resana, quando qualche mese fa ha salutato i colleghi prima di rimanere a casa per curarsi di un male che voleva sconfiggere. Ma non ce l’ha fatta: è morto ieri mattina alla Casa dei Gelsi di Treviso. Era il cognato di Cristina Andretta, sindaca di Vedelago, abitava ad Albaredo, aveva 52 anni. Era marito di Catia e padre di tre figli, innamorato della sua famiglia, del suo lavoro di architetto e della sua terra. Era il 2009, quando per la prima volta Luigino si era sottoposto a un intervento chirurgico alla schiena per asportare un neo. Una piccola operazione che non sembrava aver lasciato il segno. Lui era tornato alla sua vita di sempre. Lavoro, famiglia e volontariato con vari impegni sociali, parrocchiali e sportivi. Seguiva la squadra di calcio del Vedelago dove giocava il figlio. «Luigino», lo descrivono i colleghi, «si faceva voler bene, era sempre attento, puntuale, presente quando c’era da lavorare e anche quando c’era da ritrovarsi in qualche serata d’allegria. Era il primo ad arrivare e l’ultimo a salutare». Buono e rispettoso, faceva parte del gruppo famiglie della sua parrocchia che frequentava con la moglie Catia, sposata 25 anni fa. E poi c’era il Vedelago Calcio con cui giocava il figlio Stefano. Un impegno che Luigino portava avanti con entusiasmo, riuscendo a trasmettere alla squadra una forte vitalità, anche nelle sconfitte. Immancabili per lui le “scampagnate” in Liguria a lavorare nell’uliveto di famiglia, proprio lì Luigino ha vissuto i momenti più belli, tutti insieme, una grande famiglia: la sua e quella della moglie Catia. Momenti indimenticabili che anno dopo anno si ripetevano: la potatura, il lavoro nel periodo dei frutti e poi la raccolta e la spremitura delle olive, seguita dalla generosità di Luigino che portava agli amici l’olio prodotto.
Nel 2015, per Didonè si era riacutizzato il male oscuro che, con tanta forza e determinazione, ha cercato in tutti i modi di sconfiggere, non riuscendoci nonostante la sua grande speranza.
Per la sindaca Cristina Andretta: «Non era solo un cognato Luigino, ma un fratello maggiore». Lascia la moglie e i tre figli Marco, Stefano e Pietro, la mamma Amabile e i molti familiari. Il rosario sarà recitato domani alle 20 nella chiesa di Albaredo, dove venerdì alle 15 si celebreranno i funerali.
Dario Guerra
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