Tango, alchimia di storia e cultura

Mai nessun ballo è stato capace di trasformare la meccanica perfetta dei movimenti e la precisione delle posizioni in una danza sensuale, elegantissima, appassionata, provocante per l’anima e il cuore più di quanto non lo fosse nei fatti. «Tango», basta dire questo, e la mente vola. Ma chi lo conosce davvero? Chi sa non solo dove e come nasce, ma come è stato sviluppato, coltivato, suonato e vissuto? Lidia Ferrari, argentina adottata da anni ormai dalla Marca trevigiana ha deciso di raccontarlo riunendo tutte le sue conoscenze di insegnante, psicologa e appassionata studiosa. L’ha fatto in un libro scritto nel 2012 e pubblicato alla fine del 2013, presentato all’ambasciata argentina ma arrivato anche sotto i riflettori della Rai dove l’autrice ha spiegato tutto quello che voleva riunire nelle 182 pagine di «Tango». Basta dire questo.
Il libro, corredato da un vastissima serie di contributi fotografici e seguito da un dizionario della «lingua tanguera», non è solo una guida ai movimenti, un manuale di posizioni e consigli per il corretto ballare. È un lungo e interessante studio che uno dopo l’altro spiega e svela tutte le componenti della danza, dai luoghi dove veniva e viene ballata, dall’evoluzione della musica che l’ha accompagnata, dallo sviluppo stesso dello stile, suddivisosi poi tra milonga, tango canyengue, tango nuevo e da avanspettacolo. E poi ci sono gli autori, perchè il tango non è solo ballo ma anche composizione, e l’argentina non è solo Astor Piazzolla (o la sua rivisitazione electro-lounge firmata Gotan Project) ma una lunga serie di musicisti e orchestre che Lidia Ferrari cede in pillole dando però l’idea di quanto grande sia la scena storico-musicale del tango.
Il libro è un piacevole curiosare nei segreti e nei significati della danza, zeppo di riferimenti testuali, piccole chicche d’antologia e cultura popolare creola. E chi meglio di un’argentina doc?
E per una volta, a guidare la lettura non sono solo le immagini di pose plastiche, sguardi roventi o sguardi ammiccanti che troppo spesso vengono usate a superficiale pubblicità del ballo argentino, La Ferrari è riuscita a spulciare gli archivi fotografici e storici trovando manifesti, chine, fotografie d’epoca e pagine di giornali primi novecento dando così l’idea di quella che è anche la vera iconografie legata al tango.
«Il tango è frutto si una sensibilità popolare multietnica» ha spiegato anche in una recente intervista a «Uno mattina caffè», «l’improvvisazione e la tecnica si fondono in un gioco a due dove uomo e donna hanno una relazione strettissima e attiva, non c’è chi porta e chi segue, la donna non è una borsa guidata dall’uomo, c’è un mondo celato dietro un abbraccio stretto».
Federico de Wolanski
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