Susegana, salvato dal padre diventa testimonial della lotta al cancro

SUSEGANA. Nella maratona contro il cancro, Livio e Alberto Trentin, padre e figlio, sono diventati testimonial da primo gradino del podio. La loro vicenda ha commosso tutta Italia. Papà Livio, ematologo dell’Università di Padova e ricercatore da anni impegnato con l’Airc, ha salvato il figlio Alberto da una leucemia.
Sullo sfondo c’è il dramma di una figlia e una nipote mai nata. Ma, anche grazie a quell’angelo, Alberto ha scoperto la grave malattia. Il padre Livio ha fornito la sua esperienza medica e attraverso un trapianto e le successive cure, Alberto è tornato a vivere.
Sugli schermi Rai, domenica a Unomattina, nella settimana “maratona” di sensibilizzazione dell’Associazione italiana per la ricerca sul cancro, la loro storia è diventata simbolo di speranza per i malati e le persone in attesa di trapianto. Livio Trentin 59 anni di Susegana, negli anni ‘80 iniziò la sua carriera di medico specializzandosi in ematologia e immunologia. Quando aveva l’età che oggi ha Alberto, vinse una borsa di studio proprio per la ricerca sulla leucemia acuta. Adesso è professore associato nel dipartimento di medicina dell’Università patavina.
Il figlio Alberto ha 30 anni, da quando ne aveva 25 ha dovuto debellare una leucemia linfoblastica acuta. Nel dicembre 2012, da un esame del sangue, il primo allarme. La compagna di Alberto era incinta e così il padre medico aveva consigliato di fare degli esami anche ai due giovani. «Doveva essere un normale controllo di routine, ma papà nei miei ha visto subito qualcosa di anomalo – racconta Alberto -. Papà ha quindi insistito per farmi fare un prelievo del midollo».
Il padre, analizzando i risultati, ha scoperto la grave patologia. «Fu un momento terribile – ricorda l’ematologo -, quando ho messo gli occhi sul microscopio e visto le cellule malate, mi è caduto il mondo addosso. Quando ho comunicato a mio figlio della leucemia acuta è stato l’ultimo momento che ho fatto il medico». Alberto è stato ricoverato in una struttura specializzata ed è stato trasferito all’ospedale di Mestre.
«La prima reazione è stata di disperazione – ricorda il suseganese - ma ho avuto la fortuna di essere ricoverato subito, papà ha preferito affidarmi ad un primario di fiducia. Come mi disse quel primario, quello fu il punto più basso, da lì si poteva solo risalire e così è stato». La maratona per guarire però è stata in salita, perché nessuno dei familiari è risultato avere una compatibilità tale da consentire il trapianto di midollo osseo. Così è iniziata la ricerca di un donatore compatibile, attraverso le banche dati. Il donatore è stato trovato e nel giugno 2013 Alberto fu operato. «E’ stata una corsa contro il tempo, che è molto importante nella gestione di questo tipo di malattie – ha spiegato l’ematologo Livio Trentin -, perché lì si corre per la vita».
Da lì la maratona è stata in discesa ed è arrivato il traguardo di una vita normale. «E’ un’esperienza che segna, un po’ di paura rimane – confida Alberto -, ad ogni controllo c’è dell’ansia, finché non mi dicono che è tutto a posto». Quando negli anni ‘80 papà iniziò a svolgere l’attività, per i casi come quello del giovane suseganese, non ci sarebbero state speranze. «La ricerca sta facendo tantissimo – spiega Livio Trentin, che fin da studente iniziò a collaborare con Airc -, vorrei che la storia di Alberto diventi quella di tanti altri. Affidatevi alle strutture e sostenete la ricerca, facciamo crescere nuove generazioni di ricercatori». La corsa continua, verso una prossima maratona, per nuove cure sui tumori.
Riproduzione riservata © Tribuna di Treviso