Storie di uomini e cani Paolini è Jack London nel Grande Nord

Le storie di Jack London vivono nelle distese del Klondike, nell'estremo nord del mondo. Attraversano il grande fiume Yukon, si cristallizzano nei ghiacci artici e si muovono lungo le vie della corsa all'oro di fine Ottocento. La voce garbata e musicale di Marco Paolini le narra, rendendole immagini fluide che scorrono e si fanno tangibili. Con "Uomini e cani", andato in scena in località Valrovina a Bassano del Grappa all'interno del cartellone di Opera Estate, Paolini ha compiuto una doppia impresa. La prima è ormai il suo marchio di riconoscimento: come il protagonista di un falò, l'attore ha saputo tenere incollati a sé più di mille spettatori raccontando storie su un palco disadorno. Un piccolo miracolo se si pensa alla molteplicità delirante degli stimoli di oggi e alla velocità di un mondo che ha dimenticato i ritmi lenti e misurati dei racconti intorno a un fuoco. La sua voce e il suo volto creano universi, misurano spazi e tempi e la sua leggendaria capacità narrativa trionfa, unita ad una buona dose di ironia e senza bisogno di altro. E ci è riuscito - e qui la seconda impresa- in un pomeriggio cocente di inizio agosto abbrustolito da un sole che lascia davvero poco respiro e su un prato inerpicato in cui la visuale è difficoltosa e la mancanza di spazi piani all'ombra non concilia l'attenzione. La poco felice organizzazione (a cui si aggiungono indicazioni poco chiare per il raggiungimento del luogo dello spettacolo) non è però bastata a demoralizzare il pubblico vicentino.
Nuovamente - perché lo spettacolo è un work in progress Paolini ritrova la fedeltà e l'attenzione silenziosa del suo pubblico. Con una novità significativa: quest'anno "Uomini e cani" è andato in scena con l'accompagnamento musicale del musicista e cantante Lorenzo Monguzzi, da qualche anno fedele compagno sul palco dell'attore. Il risultato, già efficace nelle versioni precedenti, è drammaturgicamente incisivo. La voce di Paolini e i racconti di Jack London si animano dei ritmi blues di Monguzzi e del suono capriccioso dell'armonica a bocca e le storie di cani e uomini si intrecciano a canti e musiche solitarie e nostalgiche.
I tre racconti messi in scena da Paolini ("Macchia", "Bastardo" e "Preparare un fuoco") non sono tra i più conosciuti, ma narrano tre rapporti diversi tra uomo e cane che aiutano Paolini ad indagare, attraverso London, la relazione tra uomo e natura. Cani che si fanno uomini si mescolano a uomini che sono animali in un interscambio tra mondo umano e mondo naturale che fa riflettere. Paesaggi, voci e gli enormi spazi del grande Nord acquisiscono sensi nuovi: il Klondike («L'unica cosa che gli italiani sanno del Klondike è che è il luogo in cui Paperon de Paperoni ha fatto il primo cent»), lo Yukon e la piccola Dawson City si fanno realtà oltre che leggenda. Jack London smette di essere «solo uno scrittore per ragazzi" e le sfaccettature umane e animali si scambiano. Paolini ha realizzato un inno a Jack London e alla natura e un inno al migliore amico (o nemico) dell'uomo. E alla fine è proprio ai cani che dà la sua preferenza: «Se non ve ne siete già accorti voglio dirvi che in tutte le storie raccontate finora io sono sempre stato il cane».
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