Storie di uomini e cani Paolini è Jack London nel Grande Nord

Mondo umano e animale si intersecano, si sovrappongono e si scambiano: un dialogo a più voci con la natura
Di Silvia Ferrari

Le storie di Jack London vivono nelle distese del Klondike, nell'estremo nord del mondo. Attraversano il grande fiume Yukon, si cristallizzano nei ghiacci artici e si muovono lungo le vie della corsa all'oro di fine Ottocento. La voce garbata e musicale di Marco Paolini le narra, rendendole immagini fluide che scorrono e si fanno tangibili. Con "Uomini e cani", andato in scena in località Valrovina a Bassano del Grappa all'interno del cartellone di Opera Estate, Paolini ha compiuto una doppia impresa. La prima è ormai il suo marchio di riconoscimento: come il protagonista di un falò, l'attore ha saputo tenere incollati a sé più di mille spettatori raccontando storie su un palco disadorno. Un piccolo miracolo se si pensa alla molteplicità delirante degli stimoli di oggi e alla velocità di un mondo che ha dimenticato i ritmi lenti e misurati dei racconti intorno a un fuoco. La sua voce e il suo volto creano universi, misurano spazi e tempi e la sua leggendaria capacità narrativa trionfa, unita ad una buona dose di ironia e senza bisogno di altro. E ci è riuscito - e qui la seconda impresa- in un pomeriggio cocente di inizio agosto abbrustolito da un sole che lascia davvero poco respiro e su un prato inerpicato in cui la visuale è difficoltosa e la mancanza di spazi piani all'ombra non concilia l'attenzione. La poco felice organizzazione (a cui si aggiungono indicazioni poco chiare per il raggiungimento del luogo dello spettacolo) non è però bastata a demoralizzare il pubblico vicentino.

Nuovamente - perché lo spettacolo è un work in progress Paolini ritrova la fedeltà e l'attenzione silenziosa del suo pubblico. Con una novità significativa: quest'anno "Uomini e cani" è andato in scena con l'accompagnamento musicale del musicista e cantante Lorenzo Monguzzi, da qualche anno fedele compagno sul palco dell'attore. Il risultato, già efficace nelle versioni precedenti, è drammaturgicamente incisivo. La voce di Paolini e i racconti di Jack London si animano dei ritmi blues di Monguzzi e del suono capriccioso dell'armonica a bocca e le storie di cani e uomini si intrecciano a canti e musiche solitarie e nostalgiche.

I tre racconti messi in scena da Paolini ("Macchia", "Bastardo" e "Preparare un fuoco") non sono tra i più conosciuti, ma narrano tre rapporti diversi tra uomo e cane che aiutano Paolini ad indagare, attraverso London, la relazione tra uomo e natura. Cani che si fanno uomini si mescolano a uomini che sono animali in un interscambio tra mondo umano e mondo naturale che fa riflettere. Paesaggi, voci e gli enormi spazi del grande Nord acquisiscono sensi nuovi: il Klondike («L'unica cosa che gli italiani sanno del Klondike è che è il luogo in cui Paperon de Paperoni ha fatto il primo cent»), lo Yukon e la piccola Dawson City si fanno realtà oltre che leggenda. Jack London smette di essere «solo uno scrittore per ragazzi" e le sfaccettature umane e animali si scambiano. Paolini ha realizzato un inno a Jack London e alla natura e un inno al migliore amico (o nemico) dell'uomo. E alla fine è proprio ai cani che dà la sua preferenza: «Se non ve ne siete già accorti voglio dirvi che in tutte le storie raccontate finora io sono sempre stato il cane».

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