Stalking alla dipendente comunale: dirigente di Vedelago in tribunale

CURTAROLO. Aveva scoperto che il sindaco eletto nella Civica di centrosinistra «Iniziativa democratica», Fernando Zaramella, era un “dottore senza laurea” (laurea che risultava nel curriculum pubblicato sul sito del Comune). E lei, dipendente comunale addetta all’Area amministrativa (qualifica di istruttore direttivo), alle spalle una carriera trentennale senza macchia, aveva fatto il suo dovere trasmettendo la segnalazione alla procura della Repubblica.
Zaramella è finito sotto inchiesta per falso ideologico, salvandosi con un’assoluzione per lieve tenuità del fatto grazie alla normativa entrata in vigore nel 2015 di cui si può beneficiare solo una volta nella vita, quando l’eventuale pena detentiva prevista non sia superiore ai cinque anni e sia lieve l’offesa provocata. Nel frattempo la vita professionale di A.C. era già diventata un inferno. Un inferno al quale ha cercato di sopravvivere.
E di reagire. Così rischiano il processo il sindaco “dottore” Zaramella, con l’ex segretario comunale Claudio Pontini di Venezia (attuale segretario nei Comuni di Salzano, Quarto d’Altino e Noale dove è pure responsabile dell’Anticorruzione), due dirigenti (Andrea Valentini di Abano al vertice dei Servizi tecnici e Carmelo Mazzola di Vigonza a capo dell’Area amministrativa) con un funzionario (Giorgio Casonato trevigiano di Vedelago, responsabile dei Servizi finanziari), tutti difesi dall’avvocato Tommaso Bortoluzzi.
Le accuse. L’udienza preliminare è prevista il 7 maggio davanti al gup Domenica Gambardella. Gravi i reati contestati ai cinque nel loro ruolo istituzionale: stalking, lesioni volontarie aggravate e abuso d’ufficio perché «con condotte in violazioni di leggi, regolamenti, ordini e discipline intenzionalmente procuravano ad A.C. un danno ingiusto».
Alla lavoratrice vengono negati (o concessi solo dopo l’intervento di un legale) i permessi retribuiti per assistere il marito previsti dalla legge 104 del 1992: accade anche l’1 settembre 2017 quando il congiunto è ricoverato allo Iov, malato terminale, tanto che morirà il 19 del mese.
Ancora, ormai è risaputo nel Palazzo municipale che A.C. sta procedendo alle verifiche con l’Università di Venezia sulla bugia della laurea e il 24 dicembre le è revocato l’incarico di responsabile dell’area amministrativa (coordina sei dipendenti) con “trasloco” all’Ufficio tributi, materia di cui non ha esperienza. Il 23 gennaio il demansionamento: è nominata responsabile di se stessa ed è assegnata all’apertura, protocollazione e smistamento di posta elettronica e certificati. E poi via ai trasferimenti continui e immotivati: il 20 aprile 2015 nell’Area tecnica-Lavori pubblici; il 14 settembre nell’Ufficio del segretario e l’1 febbraio 2016 nell’area Personale e ragionieria.
L’inferno. Di fatto A.C. passa gran parte del tempo a guardare il muro, mendicando qualcosa da fare. Non basta. È emarginata. Isolata. Sbeffeggiata: in un’occasione il sindaco le impone di tenere la porta aperta dell’ufficio minacciando di farla togliere. E le avvia un procedimento disciplinare contestando di averla scoperta con le gambe sul tavolo, poi correggendo l’accusa. Negati gli straordinari, è costretta a presenziare in servizio durante le festività. Dal 2014 poi le sue schede di valutazione risultano tutte negative. Lo stress produce ansia e la salute ne risente: l’Inail le riconosce la malattia professionale. E lo Spisal (si era rivolta al Centro di ascolto) trasmette la segnalazione in procura per mobbing.
Fronte penale e civile. È avviata un’inchiesta penale anche se il pm (allora) titolare chiede due volte l’archiviazione (in un caso per questioni tecniche). Si oppone la dipendente difesa dall’avvocato Fiorella Mammana. E ottiene ragione due volte dal gip. Gip che, alla fine, ordina la formulazione coatta del capo d’imputazione.
Ora c’è la richiesta di rinvio a giudizio per i cinque e il procedimento è nelle mani del pm Silvia Golin. Intanto nel maggio 2017 A.C. avvia una causa di lavoro, ormai al traguardo finale, davanti al giudice padovano Maurizio Pascoli tutelata dai legali Ezio Bisatti e Claudia Olivieri. Una causa per demansionamento e mobbing. Il suo sogno? Tornare a lavorare. E a fare il proprio dovere nel rispetto della legge.
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