Sparita la “sindone” di Padre Pio «Non si trova più a Conegliano»

Il fazzoletto su cui, secondo alcuni, era impresso il volto del santo, servirebbe per nuove analisi In questi giorni anche una troupe Mediaset in città per indagare sul destino del misterioso reperto
Di Salima Barzanti
CONEGLIANO VOLTO DI PADRE PIOE fotocronaca de marchi nino ex partigiano conegliano
CONEGLIANO VOLTO DI PADRE PIOE fotocronaca de marchi nino ex partigiano conegliano

CONEGLIANO. Che fine ha fatto il fazzoletto su cui, secondo alcuni fedeli, era impresso il volto di Padre Pio? La “sindone” del santo, un reperto sulla cui autenticità la Chiesa non si è mai espressa, continua a far parlare anche dopo la morte dei suoi custodi coneglianesi, i coniugi Cavicchi. Perché nessuno sa più dove si trova. E da qualche giorno anche una troupe di Mediaset è sulle tracce del misterioso fazzoletto, per una puntata del programma “La strada dei miracoli” (Rete4). Un mistero che si aggiunge a mistero, quindi.

Centinaia di fedeli, da Conegliano e dal resto d'Italia, raggiungevano ogni anno la villetta di via Croce per pregare e chiedere qualche grazia davanti al piccolo altare domestico. Il commendatore Francesco Cavicchi, a cui il fazzoletto fu consegnato da Padre Pio in persona, morì a 90 anni nell'ottobre del 2005, la vedova Carla Venturelli custodì la teca fino alla sua morte, nel 2009. Poi del fazzoletto non si è più saputo nulla. Forse custodito segretamente da un convento di frati. Forse finito in mano a qualche privato. Alcuni sostengono che non si troverebbe più a Conegliano, ma addirittura fuori provincia. Non si sa.

Venerdì a Conegliano è arrivata Giulia Pezzolesi, giornalista di “La strada dei Miracoli”, programma televisivo di Rete4. La trasmissione condotta da Safiria Leccese racconterà il mistero del fazzoletto bianco. In via Benedetto Croce oggi non c’è più la villetta dove Francesco Cavicchi e poi, dopo la sua morte, la moglie Carla, hanno custodito, in una teca di vetro, questo fazzoletto. Che ha una storia particolare. «Nel 1967 a S. Giovanni Rotondo mio marito incontrò Padre Pio per la confessione. Mentre se ne stava per uscire, gli cadde il fazzoletto. Il frate lo chiamò dicendogli che lo stava dimenticando e prima di ridarlo a Francesco se lo posò sul volto», raccontò durante un’intervista la moglie di Cavicchi, «mio marito da quel momento iniziò a portarselo sempre dietro. Poi Padre Pio mori. Il giorno del primo anniversario della sua morte, nel 1969, io e mio marito ci trovavamo a S. Giovanni Rotondo. Entrati in chiesa, mio marito, stanco, si addormentò e per la prima volta Padre Pio gli apparve in sogno. Usciti dalla chiesa, si lavò le mani, tirò fuori il fazzoletto per asciugarsi e le donne vicine gli dissero che aveva il fazzoletto sporco. Dopo averlo lavato, alcuni iniziarono ad urlare «Padre Pio, Padre Pio». Quando ritornammo a casa, lui mi mostrò il fazzoletto. E vedemmo il volto». Francesco Cavicchi dopo questo evento abbandonò il lavoro, lasciò la propria azienda e si mise al servizio di Padre Pio. Il piccolo “santuario” della villetta in via Croce dove era custodito il fazzoletto iniziò, piano a piano, a infittirsi di foto e quadretti, lasciati anche da tante persone che iniziarono a visitare la villetta. Poi il caso finì nel dimenticatoio fino a quando, alcuni anni fa ad occuparsi del fazzoletto fu il professor Giulio Fanti, esperto della vera Sindone, analizzò il fazzoletto per verificare l’eventuale presenza di tracce di colore artificiale tali da giustificare un prodotto creato ad arte. «Non ho trovato pigmenti, i volti, in tonalità grigio scuro, sono fatti di un «non colore», aveva raccontato a la tribuna di Treviso. Fanti poté esaminare solo un vecchio lembo di fazzoletto esterno alla teca. Ma del fazzoletto nella sua interezza, che servirebbe anche per nuove analisi scientifiche, si sono perse le tracce.

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