Silea, il Molino abbandonato un sogno finito nel fuoco

SILEA. Otto anni fa attorno a un cubo di marmo si stringevano mani, volavano teorici milioni di euro di investimenti, e si progettava la Silea del futuro. Con malta e cazzuola Giancarlo Galan e Francesco Bellavista Caltagirone posavano la prima pietra della nuova Chiari & Forti, con alle spalle i resti del polo industriale dismesso ben nascosto da teloni e stand.
Oggi dietro a quel cubo, già increspato dalla pioggia e macchiato dal muschio, si ergono i resti del Molino Toso distrutto dall'incendio del 7 aprile 2015. Proprio lì avrebbe dovuto sorgere il fiore all'occhiello della nuova Chiari & Forti, un hotel già ribattezzato “lo Stuckyno”, visto che lo stesso Caltagirone con la sua società Acqua Pia Antica Marcia aveva da poco riaperto in Giudecca a Venezia lo Stucky gestito dall'Hilton. E distrutto in precedenza da un incendio.
Circostanze che si ripresentano a Silea, ma che, oggi, portano a tutt'altra conclusione. Il Molino dall'interno sembra una cattedrale bombardata. Dopo i danni causati dalle fiamme del 7 aprile, ha continuato ad agire l'incuria che lo sta gradualmente sgretolando. Oltre alle pareti crollate quella notte, la mancata stabilizzazione delle mura ha portato a nuovi crolli e ora dell'ex Molino resta pochissimo. Uno scheletro esterno, che con poco potrebbe definitivamente cadere. L'unico lato salvo è quello che si affaccia sul Sile. Troppo poco per non avvilirsi di fronte a un gigante defunto.
L'area continua a essere visitata da ragazzini, writers e sbandati che saltuariamente ci passano la notte. I segni sono visibili fin dal cancello, dove è stato aperto un varco piuttosto comodo, e dove la vegetazione ha lasciato spazio a un sentiero. Nei capannoni dietro al Molino Toso, raggiungibili superando le macerie lasciate dall'incendio, molto è stato lasciato come dodici anni fa, quando la Chiari & Forti era ancora un'azienda in attività.
I pavimenti in legno e le travi riportano alla storia di un'azienda nata sulle sponde del Sile un secolo fa, e portano i segni del tempo decisamente meglio di quanto lo facciano le strutture più moderne. In una sala è stato abbandonato il macchinario che misurava il materiale presente nei silos, segni della vecchia attività sono ovunque.
Tutto sembra improvvisamente essere stato cancellato nel nucleo più a sud dello stabilimento, quello dove il 15 maggio del 2008 venne organizzata l'inaugurazione con la proiezione dei progetti, e dove si tenne il buffet. La sala è distrutta, i cartonati con i rendering di quello che avrebbe dovuto essere il futuro della Chiari & Forti sono abbandonati a terra, spezzati e imbrattati. Anche il cartello con il simbolo di Acqua Pia Antica Marcia che campeggiava sul palco dietro Francesco Bellavista Caltagirone è ancora lì, spaccato sotto centimetri di vetri rotti e rifiuti. Sembra una scenografia, realizzata per mostrare com'è finita. Per raccontare come un industria che ha fatto crescere attorno a sé un intero Comune in un secolo, è stata spazzata via in pochi anni da investimenti azzardati, da una crisi economica senza pari, e da guai giudiziari.
Poi ci hanno pensato le fiamme, la cui origine non è stata appurata, a distruggere anche ciò che di storico era rimasto. Recuperarlo, a vederlo da dentro, oggi sembra una missione impossibile. L'anno zero per la Chiari & Forti è arrivato, ma questo ce l'avevano già raccontato.
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