Sile Caldaie venduta all’asta, salvi trenta posti di lavoro

Un imprenditore emiliano ha formalizzato l’acquisto della società. L’azienda sarà fusa con una commerciale, la produzione resterà a Casier

CASIER. Il 2019 si chiude con un’ottima notizia per l’industria trevigiana: ieri sera è stata venduta all’asta la Sile Caldaie di Casier, oggi Basitaly, fallita nel 2018 ma ancora operativa grazie a una particolare procedura che le ha consentito l’esercizio provvisorio fino ad oggi. Fino a quanto, appunto, la gestione passerà totalmente nelle mani di un imprenditore italiano del settore che ieri si è presentato dal notaio con in mano l’offerta giusta, un’operazione da 480 mila euro per il marchio e un altro milione, circa, per il magazzino. Salvi tutti i dipendenti..

Il piano

Top secret, al momento, l’identità del compratore, nell’attesa che si adempiano tutte le formalità burocratiche del caso, con gli accordi sindacali da siglare prima del rogito, che avverrà indicativamente entro la metà di gennaio. Solo allora il nome dell’imprenditore potrà essere svelato, ad oggi si sa che si tratta di «un grosso nome che opera in Emilia nello stesso settore di Sile Caldaie», secondo le parole del curatore fallimentare Massimo Vendramin. Il piano industriale prevede massicci investimenti. Già detto dei trenta posti di lavoro salvi, il nuovo proprietario porterà risorse fresche e, in particolare, perfezionerà la fusione di Sile Caldaie con una società commerciale in grado di ridare ossigeno alle vendite. Il mercato oggi è in sofferenza ma, come riportato nella relazione di stima, nel corso del 2020 in Italia circa cinque milioni di caldaie dovrebbero essere sostituite da prodotti più evoluti, ed è in questo solco che conta di inserirsi la società trevigiana forte di una struttura commerciale solida. La produzione resterà nello stabilimento di Casier, che non era incluso tra i beni in vendita e resterà di proprietà della curatela fallimentare, in attesa di eventuali nuovi accordi.

L’azienda

Quello di Sile Caldaie-Basitaly era un caso più unico che raro in provincia di Treviso. Un “fallimento in continuità” con pochissimi precedenti nella Marca e che, soprattutto, non sarebbe potuto durare a lungo, stante le ridotte dimensioni aziendali e un fatturato attuale insufficiente a mantenere in vita l’azienda nel lungo termine. Dopo averne decretato il fallimento a ottobre 2018, il Tribunale di Treviso aveva comunque disposto la prosecuzione dell’attività in esercizio provvisorio dando fiducia alle buone performance dei mesi precedenti. Si tratta di un marchio storico dell’industria trevigiana, nato nel 1945 come piccola produzione di scaldabagno a legna, elettrici e a gas in un’officina di via Garbizza a Treviso. Il fondatore, Primo Secco, era il padre di uno degli ultimi presidenti, Sergio Secco, mancato nella primavera del 2018. —

© RIPRODUZIONE RISERVATA.

Riproduzione riservata © Tribuna di Treviso