Sgroi: «Né armi né rivoluzione»
«Nessuna arma, nessuna rivoluzione. Mi ero interessato ai loro ideali. E poi con noi c’era un poliziotto, per questo mi fidavo». È alle battute finali l’inchiesta della Procura di Treviso su i 18 componenti del Movimento di Liberazione del Popolo Veneto, indagati per il reato di associazione paramilitare. Ieri mattina il sostituto procuratore Giovanni Valmassoi, titolare delle indagini, ha sentito l’utimo dei quattro indagati che hanno accettato di farsi interrogare. «Erano incontri di tipo culturale, non si parlava di rivoluzioni armate», ha detto ieri Tino Sgroi, 43 anni, assistito dall’avvocato Stefano Pietrobon. Prima di lui, a parlare erano stati Enrico Zanardo, 24 anni di San Biagio, Luciano Benetti, 55 anni di Montecchio Maggiore e Davide Giaretta, 29 anni di Trissino. Tutti e quattro si sono «dissociati» ; hanno spiegato di essersi in passato avvicinati al Movimento per curiosità o per interesse culturale, ma di non aver mai avuto ruoli operativi nell’ambito dell'organizzazione. Le dichiarazioni rese finiranno con ogni probabilità per assicurare loro la richiesta di archiviazione, mentre la Procura valuterà le singole situazioni degli altri 14 prima di firmare la richiesta di rinvio a giudizio.
Le posizioni più difficili sono quelle di Sergio Bortotto, 53 anni di Villorba, presidente del Movimento di Liberazione del Popolo Veneto, e di Paolo Gallina, comandante della polizia locale di Cornuda. Proprio a Gallina faceva riferimento Sgroi quando ha detto che si fidava della legalità delle riunioni «perché c’era anche un poliziotto».
Rimane da valutare il grado di coinvolgimento per i trevigiani Loris Zanatta, Sandro Meneghin, Paolo Tagliabue, Achille Putzolu, Alberto Rosso, Enrico Pillon, Eros Marchi, Giancarlo Carlesso, Fabio Piccoli, Mario Tagliabue, Giancarlo Carlesso, per il padovano Alessandro Baretta e per il veronese Sandrino Speri. (f.p.)
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