Scuola e coltelli, i presidi divisi: «Sì ai controlli, no al metal detector»
Dopo l'allarme del procuratore Martani, i dirigenti scolastici di Treviso si interrogano sulla sicurezza: la preside del Giorgi-Fermi apre ai controlli a campione delle forze dell’ordine, ma la maggioranza punta sulla prevenzione

«Le forze dell’ordine facciano controlli anti-coltelli a scuola, magari blitz di cui sono informati in pochissimi. Un po’ come già si fa per le verifiche antidroga. Leggendo i fatti di cronaca degli ultimi mesi, al metal detector un pensiero quasi l’avevo fatto, ma mi sembra eccessivo e creerebbe un clima da Bronx anni Ottanta».
Giuliana Milana, preside del Giorgi-Fermi, risponde così all’idea del procuratore Marco Martani che ha fatto suonare l’allarme «giovani coltelli», suggerendo la proposta del metal detector. Se quest’ultima misura viene ritenuta esagerata, merita una sottolineatura la richiesta di verifiche periodiche delle forze dell’ordine.
Per gli altri dirigenti trevigiani, interpellati sull’argomento, la parola chiave è prevenzione: «Più riduciamo la scuola a bunker, meno insegniamo», il pensiero di Francesca Mondin, preside del Riccati-Luzzatti. Ma torniamo alla posizione di Milana: «Si legge dell’ipotesi zona rossa a Treviso, di episodi di violenza. Forse il metal detector potrebbe risultare un deterrente, ma sarebbe una soluzione molto triste. Segnalazioni sul possesso di coltelli, per fortuna, non ne abbiamo avute. Ma i controlli delle forze dell’ordine, prendendo qualche istituto a campione, potrebbero essere una strada».
Gianluigi Bettiol, direttore del professionale Turazza, ha un’altra idea: «Mai pensato a un metal detector, punterei piuttosto sulla prevenzione con attività e iniziative di sensibilizzazione a scuola. Magari invitando le forze dell’ordine a tenere lezioni ai ragazzi. Ragionate su un aspetto: se dovessi installare un metal detector, come dovrei comportarmi nel caso suonasse? E come fai a controllare i tantissimi studenti di una scuola superiore? Solo noi ne abbiamo 800».
Al Besta hanno ricordato l’altro ieri, a fine lezione, l’alunno Aymen Benameur, ucciso a coltellate a Varago due anni fa dopo un litigio: «Il metal detector potrebbe essere una misura di contrasto, ma secondo me sarebbe più significativo lavorare sull’aspetto educativo», sostiene la preside Renata Moretti, «noi stiamo creando un team anti-bullismo, composto da docenti, alunni e genitori. Ma facciamo anche altre iniziative nell’ambito della legalità e dell’educazione civica. Penso al coinvolgimento delle forze dell’ordine ad incontri su questi temi. Senza scordare il progetto sulla giustizia riparativa, con l’aula della mediazione». Progetto che mira a sanare i contrasti fra studenti attraverso la mediazione.
«La repressione non aiuta, credo sia fondamentale la prevenzione. E l’aula della mediazione rientra in quest’ambito», commenta Francesca Mondin, dirigente del Riccati-Luzzatti. Il collega Mario Dalla Carbonare, del Da Vinci: «Non siamo gli Stati Uniti, bisogna insistere sulla prevenzione».
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