Schianto in A27: «Ero intrappolato nella mia auto e la gente mi fotografava»

SILEA. «Penso di avere un angelo custode che mi ha aiutato, anzi, che mi ha salvato». Poche, significative parole. È il pensiero che Massimiliano Zuliani, 47 anni, residente a Silea, si porta dentro, e continua a ripetersi, dopo l'incredibile incidente che lo ha visto coinvolto nel tardo pomeriggio di martedì, sulla A27, all'altezza del ponte sul Piave a Santa Lucia. Basta vedere le immagini di quel che resta della sua auto, per parlare di miracolo. Ricorda tutto: gli airbag che scoppiano, lo stridore delle lamiere. E pure la gente che gli scattava fotografie mentre era intrappolato nella sua auto. Della Mercedes E250, che lo stava accompagnando a casa, dopo un appuntamento di lavoro, non resta praticamente nulla, se non un ammasso informe di lamiere. Indecifrabile persino il colore della carrozzeria.
La vettura di Zuliani è stata infatti agganciata da un tir e trascinata per parecchi metri lungo il guard rail. Alla guida dell'autoarticolato Volvo 460 c'era il camionista austriaco Georg Trinkl, 54 anni. L'uomo ha perso il controllo del mezzo, ha urtato la macchina di Zuliani “spalmandola” contro il guard rail e ha finito la sua corsa con un secondo impatto che lo ha sbalzato fuori dall'abitacolo con un volo che gli è stato fatale. Da quando il tir ha colpito l'auto, è passato un pugno di secondi, istanti che Massimiliano Zuliani ricorda, fotogramma per fotogramma. Vivo, praticamente illeso, l'avvocato trevigiano li ripercorre da dietro la scrivania del suo studio legale a Bassano del Grappa, dove ieri mattina è voluto tornare al lavoro.
«Erano da poco passate le 17. Stavo rientrando da Pordenone a casa. Viaggiavo nella carreggiata di estrema sinistra, il camion stava all'estremità destra dell'autostrada. In mezzo a noi c'era una corsia vuota» racconta «mi trovavo all'altezza dello spigolo del rimorchio questo si è girato a destra e poi ha sterzato verso sinistra. Uno sbandamento che, però, ha portato la cabina del camion perpendicolare al guard rail. A quel punto ho rallentato, rimanendo sulla mia traiettoria». Man mano che il piede premeva sul freno, il pensiero nella testa di Zuliani era solo uno. «Dai che ce la faccio a evitarlo, dai che ce la faccio a evitarlo. Invece ho sentito che la mia auto era stata agganciata dal rimorchio. Ero perfettamente cosciente di tutto». Adrenalina e sangue freddo mentre, dentro all'abitacolo, il rumore di ferraglia si faceva sempre più forte. «Scoppiava tutto, sono partiti gli air bag. Poi la macchina si è fermata. Il camion mi aveva lasciato. Sentivo solo sfrecciare altre macchine intorno a me, avvertivo gli spostamenti d'aria».
Passano pochi attimi quando una voce dall'esterno gli chiede: «C'è qualcuno?». Zuliani che risponde: «Si, sono qui, tutto a posto». Erano due giovani, che hanno prestato i primi soccorsi in attesa dell'arrivo di ambulanze, elicottero e vigili del fuoco. Trascorrono altri momenti: «Qualcuno si è fermato a scattare una foto o un video, poi ho sentito voci che invitavano i curiosi ad allontanarsi, a non intralciare. Poi le sirene». «Ho chiesto subito dell'autista del camion e mi è stato detto che non c'era più nulla da fare». Zuliani si ferma, poi prosegue nel racconto. «Intanto, sono arrivati i pompieri e hanno provato a tagliare con le cesoie il montante, ma non cedeva. Intorno a me c'era come una capsula di ferro. Mi aveva protetto, ma bisognava venir fuori. A sinistra non lo potevo fare perché ero sospeso nel vuoto. A quel punto è stato aperto un varco dal lato del passeggero. Così mi sono sfilato e sono uscito». La corsa al Ca' Foncello per tutti gli accertamenti del caso e la chiamata alla moglie Brigitte. «L'ho avvisata. Mi ha raggiunto al pronto soccorso. Sono rimasto in ospedale fino alle 21.30 poi, mi hanno dimesso». Dopo il brutto episodio il ritorno a casa è stato come una piccola festa in famiglia fatta di abbracci e quotidianità con i tre figli, la piccola Lucrezia, Gabriele e Leonardo. «Abbiamo cenato tutti insieme e poi sul divano ci siamo messi a guardare il finale della partita dell'Italia». Di quanto accaduto Zuliani porta pochi segni evidenti, qualche contusione alla fronte e al naso, dei piccoli tagli sulle braccia. Nel cuore invece ci sono tanti pensieri.
«Sono tornato subito al lavoro, non per fare l'eroe ma per ricominciare subito, per rientrare nella normalità. Per il resto sono cristiano ma non praticamente. Stavolta però penso che un angelo custode mi abbia protetto. Lo ringrazio insieme a tutti coloro che sono intervenuti per aiutarmi».
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