Sant’Angelo, il parroco con i coniugi Calò La famiglia in canonica

Annuncio di don Kirschner: trasloco previsto dopo Natale «Esperienza innovativa nel segno di condivisione e apertura»
PASSERINI AG.FOTOFILM TREVISO CALO' E IL PRETE DI S. MARIA DEL SILE
PASSERINI AG.FOTOFILM TREVISO CALO' E IL PRETE DI S. MARIA DEL SILE
In canonica non c’è più solo il parroco. E nemmeno la perpetua. Adesso c’è una nuova famiglia, specialissima, a convivere fra le 6 camere e i 4 bagni dell’edificio. A Santa Maria del Sile e Sant’Angelo, finite le feste natalizie, il parroco don Giovanni Kirschner, arrivato da pochi mesi, vivrà con una famiglia, i coniugi Calò. Lei, Nicoletta Ferrara, maestra, lui, Antonio Silvio, docente al Canova. Entrambi 56enni. La famiglia che ha accolto da due anni e mezzo sei richiedenti asilo nella loro casa di Camalò, diventando un caso nazionale e vendendo insigniti dal capo dello Stato, aprono ora una nuova scommessa, tutta all’interno della Chiesa. Un’idea che parte da lontano, che ha visto una lavoro di confronto e di approfondimento con lo stesso vescovo monsignor Agostino Gianfranco Gardin e i vertici delle Diocesi.


Un’assoluta novità per la chiesa del Triveneto, e forse in Italia: questa formula comunitaria è utilizzata solo dai missionari. «È un’idea che muove dal riconoscimento di una situazione di isolamento che colpisce i preti rispetto a 30- 40 anni fa», spiega don Giovanni, da sempre in prima linea sulla frontiera degli ultimi, difensore dei poveri e i mo abbienti, «i parroci un tempo avevano familiari, magari sorelle,. o le perpetue vicino, ora sono più soli e quindi più fragili, credo che questo sia un problema reale dell’essere Chiesa oggi: penso sia un modo per mettere assieme le forze e la fede, non uscire dal mondo, ma entrarci dentro condividendo spazi con i laici. Un cammino che vogliamo provare, senza presunzione».


Don Giovanni ha avvisato del trasloco i fedeli, domenica in chiesa, poi ha convocato il consiglio pastorale per illustrare questa esperienza innovativa per la chiesa trevigiana e italiana. «È un passaggio importante, un segno, una prova: come Chiesa c’è la volontà di unire in modo diverso il prete e una famiglia, e dunque il mondo ecclesiale e quello dei laici, in una dimensione nuova e importante», aggiunge don Giovanni, «Un messaggio forte, di questi tempi».


Tu chiamala, se vuoi, la famiglia allargata delle chiesa trevigiana del Duemila. Durante le feste la famiglia Calò traslocherà da Camalò, dove resteranno i figli - in attesa che decidano cosa fare, ma sono tutti grandi - e i richiedenti asilo, in un’inedita e originale comunità.


Certo, la famiglia Calò non è una famiglia qualsiasi, da quando ha deciso di aprire le porte della sua casa a sei profughi, che oggi lavorano fra agricoltura e ristorazione. «Apriamo una nuova fase, senza chiudere quella precedente», spiega la moglie Nicoletta, «Una scelta che abbiamo preso da quando ci siamo messi in gioco sul fronte dell’accoglienza e della condivisione, dell’apertura. Scelte che facciamo in piena libertà e consapevolezza, alla luce della nostra fede, per aprirci al mondo, per arricchirci, per farci prossimo, stavolta in un modo particolare anche rispetto alla Chiesa. Da quando abbiamo i ragazzi dell’Africa in casa, ci siamo resi conto che la vita ha senso solo se ti apri e condividi. Certo, ora mettiamo questa nostra vocazione a confronto con un’altra vocazione, quella del parroco, ma pensiamo che possa essere una convivenza benefica per entrambi: per lui e per la nostra famiglia, in un arricchimento reciproco nello stare insieme».


Antonio e Nicoletta, sposati dal 1986, quattro figli, non sanno nemmeno bene quando è nata questa nuova idea: «Ci siamo incontrati, sulla strada, ci siamo riconosciuti, abbiamo comunione di idee», continua Nicoletta., «non abbiamo né progetti, né programmi precisi, ma sentiamo che possiamo trarre beneficio e indicare un percorso , per la Chiesa e per le famiglie. E continuiamo a metterci in gioco, sperando di essere un piccolo segno e un piccolo seme»


E i figli? Andrea, 29 anni, lavora in agricoltura; Giovanni, 25 anni, è clavicembalista a Basilea; Elena, 22, studia a Bolzano; Francesco, 19, ha cominciato Lettere. Ora dovranno decidere dove vivere: «Sono grandi, possono scegliere, a suo modo anche la casa di Camalò, con i nuovi fratelli dell’Africa è diventata un’altra comunità».


Andrea Passerini


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