Sangue e saliva nell’auto di Sofiya
Cornuda, Ris all’opera. L’avvocato della famiglia Albanese: «Vogliamo la verità»

CORNUDA. I carabinieri del Ris si stanno concentrando sulle tracce biologiche trovate all’interno dell’automobile di Sofiya Melnik, la Renault Megane cabrio nera, ritrovata il 28 novembre scorso all’inizio del sentiero che porta a Forcella Mostaccin a Maser, ad una trentina di chilometri di distanza dal punto dove è stato ritrovato il cadavere della 43enne ucraina. Piccole macchie, probabilmente di sangue e saliva, che potrebbero appartenere a Sofiya Melnik e che sarebbero compatibili con l’ipotesi di un violento pestaggio da parte dell’assassino prima di scaricare il corpo della donna nel bosco ai piedi del massiccio del Grappa, nel comune vicentino di Romano d’Ezzelino.
Nel frattempo sulla questione interviene l’avvocato della famiglia Albanese. «Finché non verrà a galla la verità sulla morte di Sofiya Melnik, non si può additare nessuno come l’assassino della povera donna. La famiglia di Pascal Albanese è ancora sotto choc per quanto è accaduto ed è ancora convinta che il loro congiunto sia innocente. Anzi, noi siamo i primi a volere chiarezza. Attendiamo come tutti l’esito degli esami di laboratorio per avere una risposta ai tanti dubbi».
L’avvocato Antonio Petroncini del foro di Bologna, che tutela la famiglia Albanese, predica prudenza nei giudizi sulla delicata vicenda del giallo di Cornuda. «Non siamo ancora convinti che Pascal si sia impiccato volontariamente. Per questo motivo attendiamo l’esito delle analisi tossicologiche effettuate durante l’autopsia per vedere se si sia veramente suicidato. Del resto non c’è traccia, nei biglietti trovati accanto al suo corpo, prima del presunto suicidio, di frasi che testimoniassero l’intenzione di Albanese di farla finita e nemmeno riferimenti all’omicidio di Sofiya».
Riproduzione riservata © Tribuna di Treviso
Leggi anche
Video








