Ronde, solo la Prefettura le può autorizzare

Pattugliano il territorio “armati”, dicono loro, di sola pila elettrica e telefonino. Sono residenti di alcuni quartieri ma anche militanti di partito. Vanno a tutti gli effetti in ronda però, forse per evitare grane, non le chiamano ronde ma in mille modi diversi. Per forza: per «andare in ronda» serve l’autorizzazione della Prefettura, che dà il permesso solo a regolari associazioni di cittadini - non a gruppi spontanei - una volta però che siano riuscite a passare l’esame della stessa Prefettura. Sennò, a tutti gli effetti, le ronde sono illegali. Solo che si gioca sul filo dell’ambiguità: chi può infatti comunque vietare, a un gruppo di liberi cittadini, anche se hanno la pila in mano e la casacca catarinfrangente da gommista, di passeggiare di notte sulla pubblica via? Nessuno. Però se queste passeggiate risultano scandite da precisi orari e metodologie, la questura potrebbe sempre intervenire, finanche denunciare gli autori dell’iniziativa, segnalando la cosa alla Prefettura. Ma la questione resta ambigua. Se però uno dei signori che va in passeggiata, di notte, a guardia del suo quartiere si dovesse beccare una chiave inglese sulla fronte da un ladro, allora succederà il finimondo...
La Lega è stata maestra nell’organizzare le ronde sotto elezioni, negli anni d’oro, partendo con gli “Osservatori del territorio” nel 1998, idea di Piergiorgio Stiffoni, fino ad arrivare a regolarizzarle con tanto di passerella in piazza dei Signori, nel 2007, battezzandole “Veneto Sicuro”, ai tempi della segreteria provinciale di Toni Da Re. Era una regolare associazione regionale, fondata per coordinare tutte le ronde leghiste, aveva come simbolo la testa rossa di un leone dentro un cerchio giallo. Avevano le divise e cinque Panda, offerte da un noto concessionario della città. Dovevano girare un Comune a notte. Sono sparite dopo poco. (a.z.)
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