Rifiuti pericolosi trasformati in materiale per l'edilizia: il maxi sequestro nell'ex cava di Paese

Tonnellate di rifiuti inquinanti con nichel, piombo e amianto, stoccati e trattati a Paese, sequestrata l’ex cava di Padernello

L'ex cava di Paese sequestrata: al suo interno 200 mila tonnellate di rifiuti pericolosi

PAESE. Sequestrate 280 mila tonnellate di rifiuti contaminati. I carabinieri forestali di Mestre hanno eseguito la misure cautelare su due diversi cumuli di materiale, uno stoccato a Noale in un sito di via Mestrina della Cosmo Ambiente, l’altro nella cava Campagnole di Paese, dove opera la stessa azienda, a poche decine di metri dalla sede della San Benedetto (che però a Padernello non preleva acqua).

Le indagini della Direzione distrettuale Antimafia di Venezia hanno portato alla misura cautelare disposta dal gip Luca Marini in quanto la Cosmo avrebbe accolto rifiuti contaminati senza trattarli adeguatamente prima di utilizzarli come fondazione per le strade. Il materiale contaminato da metalli pesanti ma anche da amianto avrebbe quindi rilasciato gli inquinanti nell’ambiente. I tre titolari delle Cosmo sono indagati per la violazione del codice dell’ambiente.

“bomba” a paese. La gran parte del materiale sequestrato, circa 200 mila tonnellate, si trovava nella cava Campagnole di via Veccelli, di proprietà della Canzian. Sempre nel sito di Padernello già un paio di anni fa erano stati posti sotto sequestro altri 5 mila metri cubi di rifiuti contenenti amianto. Ma le ordinanza di bonifica emanate dal Comune di Paese e dalla Regione non avevano sortito effetti. Ora il sequestro anche dell’altro cumulo di rifiuti, stoccato secondo la Procura prima del 2016. L’indagine è stata innescata dalla Guardia di Finanza, che stava verificando la presenza di amianto e altri inquinanti su prodotti riciclati.

mescola d’inquinanti. La Cosmo, secondo quanto verificato dalle indagini, accoglieva nel proprio impianto di Noale rifiuti derivanti da bonifiche e rocce da scavo inquinati e provenienti dal nord Italia, destinati, dopo essere stati “ripuliti”, a diventare il fondo per strade. Solo che il trattamento non sarebbe stato eseguito correttamente e completamente. L’azienda infatti, secondo la Procura di Venezia, miscelava il materiale inquinato da metalli pesanti – principalmente rame, nichel, piombo, selenio – con altri rifiuti, al fine di diluire gli inquinanti che li contaminavano. Successivamente aggiungendovi calce, leganti e cemento li trasformava in prodotti per l’edilizia, in particolare per sottofondi stradali. Sarebbe mancato il passaggio finale, quello della “inertizzazione” e “vetrificazione”, procedimenti che servono proprio ad evitare che il nuovo prodotto non rilasci inquinanti.

i test. La Cosmo sottoponeva il materiale al test di cessione – che serve appunto a verificare che il materiale non disperda nell’ambiente i metalli pesanti – nel momento in cui avveniva la fusione tra rifiuti sporchi e puliti. Test che risultavano negativi, perché solo con la successiva aggiunta del cemento, innalzando il ph, avveniva il rilascio dei metalli. Il trattamento avveniva nella sede della Cosmo in via Mestrina, che poi vendeva a terzi o utilizzava direttamente il materiale nei cantieri. Un'altra parte dei rifiuti contaminati è stata invece stoccata fino al 2016 alla cava Campagnole, e da lì non si è più mossa. Le indagini proseguiranno per capire in che cantieri siano stati utilizzati i materiali inquinanti.


 

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