Riecco le antichissime Fiere di San Luca la Disneyland dei nuovi tempi “dimagriti”

C’era una volta...«Diversissime bestie feroci del proprietario signor De Tourayne, tra le quali un cavallo cornuto, un bellissimo leone, due serpenti vivi e una bellissima raccolta di uccelli...
ZAGO AG.FOTOFILM TREVISO INAUGURAZIONE FIERE DI SAN LUCA
ZAGO AG.FOTOFILM TREVISO INAUGURAZIONE FIERE DI SAN LUCA

C’era una volta...

«Diversissime bestie feroci del proprietario signor De Tourayne, tra le quali un cavallo cornuto, un bellissimo leone, due serpenti vivi e una bellissima raccolta di uccelli selvatici«. La presentazione è tratta dal libro “Il Prato e la Fiera” di Emilio Lippi e Carolina Pupo (Antiga) presentato in queste ore in concomitanza con l’apertura delle Fiere di San Luca, avvenuta ieri. Era bellissimo allora per il dipendente comunale “addetto” cercare, tra le immaginifiche ragioni della richiesta di plateatico, qualcosa da raccontare ai congiunti a tavola - minestra fumante e lampadina da 30 candele - nei primi giorni brumosi di ottobre, per stupire e far sognare (con tre biglietti omaggio in tasca) i figlioli a bocca aperta. Non giostre immaginifiche, superelettroniche, con il brivido portato all’estremo (quelle erano: rotonde, fatte girare da un cavallo o un bue, con i cavallini impennacchiati che si alzavano e si abbassavano), ma carrozzoni che puntavano sul mai-visto e sull’affabulazione della natura o di fenomeni umani e animali.

tra Eurodisney e playstation

Oggi, in tempi di app, playstation, telefonini dalle mille risorse, Eurodisney, Mirabilandia e Gardaland, che cosa può stupire i ragazzi e i bambini che vanno alle Fiere di San Luca? Ce lo siamo chiesti entrando in Prato di Sant’Ambrogio, ieri, e rivedendo tante “attrazioni viaggianti” che denunciano la loro vetustà e la loro ingenuità. Tenendo conto che un pomeriggio “passabile” con papà, mamma e due bambini viene a costare all’incirca 60 euro, la domanda è sorta spontanea: le fiere, il luna park, hanno ancora una ragione non poetica di esistere? «Sono eterne, altroché», risponde il ragazzo del camion-dolciumi, guardando la gente che affluisce. Ma la tristezza che ti assale camminando tra carrozzoni e giostre “moderne” il primo giorno delle tre settimane di Fiere ti dice che stai guardando il passato del sorriso, dello stupore e della gioia. Gli autoscontri per bambini con le scritte Pirelli, Racing e Recoaro denunciano chiaramente la vetustà del marchingegno. Più in là c’è il Brucomela sul quale ha viaggiato il tuo fratello maggiore o il nonno del bimbo che ti squittisce in braccio per salirvi. Ma ci sono anche i baracconi d’antàn: quello del labirinto-specchi, quello delle macchinine che viaggiano nel buio abitato dalle streghe (e dovresti credere che quei tubetti in gomma che ti sfiorano siano le mani dei fantasmi che vogliono afferrarti). Chi ci crede ancora che sparando sugli “aerei” sei davvero tu, e non un congegno indipendente, che abbatti il tuo vicino di trasvolata? È bello crederci, certo, e infatti sono i bambini più piccoli a spalancare felici gli occhi. Ma visitato il giardino di Alice a Gardaland, cosa servirà per riportarli alle Fiere?

Un prato da rivivere

Queste tre settimane di luna park sono certo la storia di Treviso molto più di qualsiasi altra cosa, ma intanto cresce, attorno al Prato, diventato un villaggio un po’ esclusivo e pieno di “suoi” contenuti, la voglia di tornare ad avere un prato verde e uno spazio comune in cui riconoscersi, più che quella di aspettare le musiche, le luci e i colori che si fermano una volta all’anno. Ti si stringe il cuore nel vedersi librare la giostra Pagliacci, o il luminosissimo Polpo (quest’anno la Giostra Cavalli non c’è: bruciata) e ti chiedi se la nuova ondata di machismo e di greve esibizionismo porterà al riutilizzo delle macchinette del “toro” e del “pugno” che negli ultimi anni avevano attirato solo qualche sparuta compagnia di ragazzi dell’Est o del Maghreb. Anche le montagne russe sono state sostituite da un più modesto modello a mezza altezza e - per chi conservasse voglia di Disneyland Usa - da un simulatore che ti dà la sensazione di essere a Los Angeles. Eccolo il punto di contatto tra il virtuale e il tradizionale. Vuoi vedere che, causa povertà, stiamo tornando indietro? —

Antonio Frigo

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