Prete di Treviso indagato per violenza sessuale:«Io? Sono tranquillo e sereno»

TREVISO «Sono sereno, sono tranquillo». Don Federico De Bianchi non vuol dire di più. E c’è da credergli che dica esattamente ciò che pensa. L’uomo ed il sacerdote è fatto così.
Lui è convinto di non aver provocato nessuna molestia intenzionale e proprio per questo vuole difendersi davanti ai giudici. E in città sono in molti propensi a credergli, a destra come a sinistra e passando per il centro. I più gli vogliono bene, magari pur non condividendo taluni suoi atteggiamenti, spesso portati all’eccesso.
Ma se alle malelingue don Federico deve replicare che lui non è un pedofilo e che non per questo è stato allontanato dalla parrocchia di Santa Giustina, lo dice chiaramente, anzi lo scrive sul proprio profilo Facebook. Una trasparenza apprezzata, ma che al tempo stesso suscita interrogativi, pone dubbi.
Il vescovo Corrado Pizziolo ha fatto di tutto perché il “don”, nato nel 1975 ad Oderzo e prete dal 2003, ritrovasse il suo profilo istituzionale, o ltre che personale. Ieri mattina, prima ancora che arrivassero le telefonate dei giornalisti, ha emesso una nota, che poi è una lettera nient’affatto scontata ai suoi preti e ai fedeli. in cui il vescovo, con la massima trasparenza, racconta i fatti e manifesta piena fiducia nella giustizia e specificatamente nel dibattimento processuale. Non solo. «Ho fiducia – scrive - che tutto questo condurrà ad un chiarimento, che potrà portare ad un rasserenamento, anche delle persone coinvolte alle quali intendo esprimere in ogni caso tutta la mia vicinanza».
C’è chi, sui social, ha avuto di che ridire su questa trasparenza, osservando che la citazione del reparto di psichiatria dove sarebbero avvenute le molestie risulterebbe, alla fin fine, un discredito per l’accusa. «Se le presunte vittime erano ricoverate in psichiatria perché tacerlo? A me non pare che sua eccellenza abbia voluto insinuare alcunché. Poi decideranno i magistrati», ha preso le sue difese Michele Bastanzetti. Tallonato dai giornalisti, De Bianchi non ha voluto ieri aggiungere nulla di decisivo.
«Lascio parlare i miei superiori – si è scusato -, ai quali ho già detto tutta la verità, come testimonia il comunicato del vescovo, molto puntuale. Per ora sono superflue, da parte mia, delle smentite. Parlano i miei legali e il mio vescovo, lasciamo che le cose facciano il loro corso».
Don Federico non si è, dunque, allontanato da Vittorio Veneto, dove risiede. Risponde al telefono. Gli è stato consigliato di tenere un profilo molto basso. Anche da parte dei suoi legali, Stefano Trubian e Maurizio Paniz, un collegio di difesa particolarmente qualificato e con un’esperienza in materia di prim’ordine. De Bianchi, appena ordinato prete, è stato cappellano nella parrocchia del Duomo a Conegliano, poi a Fregona, nel frattempo è stato assistente spirituale in ospedale a Vittorio Veneto, quindi cappellano a Parè e contestualmente cappellano in ospedale a Conegliano.
È passato successivamente all’Unità pastorale di Vazzola e San Polo. Ha diretto la Pastorale sanitaria della diocesi, per 12 anni è stato assistente di Comunione e liberazione, professore della scuola di formazione teologica e dal 2012 al 2017 è stato parroco di Santa Giustina e Fadalto, Nove e San Floriano.
Nonostante le fragilità da lui stesso ammesse, don Federico ha ricevuto piena fiducia dalla Diocesi. Non sempre, però, ricambiata per come, ad esempio, trascorreva le serate: in discoteca assumendo comportamenti non consoni al suo status, come testimoniano anche alcuni parrocchiani che hanno avuto modo di vederlo.
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