Piave in piena, torna l’incubo alluvione in provincia di Treviso

Allerta della Protezione civile: Piogge intense, maree che fanno da “tappo” alla foce, Piave gonfio che scende a valle:sono i momenti peggiori per la Marca in questa settimana con negli occhi il dramma di Venezia
TREVISO.   Case che rischiano di finire sott’acqua esattamente come un anno fa. Il Piave sabato mattina ha raggiunto un livello stimato tra i 4.70 e i cinque metri, sfondando gli argini nelle zone golenali da Fagarè di San Biagio a Salgareda. Sono arrivati l’allarme della Protezione civile e l’invito a lasciare le proprie abitazioni per i residenti di quelle zone. 
 
Il sopralluogo di Zaia sul Piave: stiamo aspettando la piena
 
La piena del Piave. Il presidente del Veneto, Luca Zaia, assieme all'assessore referente Gianpaolo Bottacin, ha convocato per le ore 15.00 una riunione di Protezione civile a Ponte di Piave per l'esame della situazione di piena del fiume Piave e l'esame di tutti bacini idrografici veneti, e la decisione di eventuali misure urgenti.
 
ZAGO . AG.FOTOFILM PONTE DI PIAVE MALTEMPO, IL PIAVE ALLARME LIVELLO DEL FIUME, IN FOTO SUL PONTE
ZAGO . AG.FOTOFILM PONTE DI PIAVE MALTEMPO, IL PIAVE ALLARME LIVELLO DEL FIUME, IN FOTO SUL PONTE
 
Alla riunione - informa la Giunta regionale del veneto - parteciperà anche il direttore dell'Area tutela del territorio, Nicola Dell'Acqua.
 
Gli interventi dei vigili del fuoco. Sono una decina gli interventi dei vigili del fuoco nella mattinata di oggi, domenica 17 novembre. Si tratta per lo più di alberi caduti e pali Telecom pericolanti. Il vento ha strappato un enorme ippocastano secolare che precipita nel Soligo. Il Comune ha chiuso la strada principale del paese (via Vaccari) per paura di un effetto diga. Un automobilista è rimasto incastrato nell’auto finita in un canale ingrossato, i vigili del fuoco l’hanno liberato in acqua. 
 
 
L’allarme. «Attendiamo una piena  – spiega Guerrino Bertocco, coordinatore della Protezione civile di Salgareda – da Busche arrivano dai seicento ai mille metri cubi d’acqua al secondo, e non sappiamo dire per quanto tempo. L’alta marea alla foce non ci aiuta: fa da tappo, il Piave non scarica». Si rischia un’alluvione come un anno fa? «Purtroppo sì, abbiamo iniziato a diramare l’invito a evacuare». 
 
La paura. È nascosto dietro quel velo di rami, il Piave. Da casa non lo si vede ma lo si sente, incombente. Valerio Baradello è già pronto al peggio: hanno già praticamente pronte le valigie, lui e la sua famiglia, perché l’esperienza di un anno fa li ha segnati. L’acqua – anzi, il fango – era arrivato a coprire di una decina di centimetri il pavimento non del piano terra, bensì del primo piano. Altro che piazza San Marco. Siamo a Salgareda, via Passovecchio: è uno dei punti cerchiati in rosso nella mappa trevigiana della paura. L’allerta maltempo per loro è una questione sulla propria pelle. «Nel 1978 io e i miei fratelli abbiamo rifatto la casa che era di nostro padre – racconta Baradello – L’abbiamo alzata di un metro e venti centimetri, sapendo cos’era successo nel 1966. Non è bastato». 
 
La Provincia. Piogge intense, maree che fanno da “tappo” alla foce, Piave gonfio che scende a valle:sono i momenti peggiori per la Marca in questa settimana con negli occhi il dramma di Venezia. «L’allarme è rosso nella zona del “Veneto H”, ovvero la fascia Pedemontana – dice il presidente della Provincia di Treviso, Stefano Marcon – con pericolo di smottamenti e frane. C’è preoccupazione e stato d’allerta, la situazione è monitorata dall’unità di crisi e con la Protezione civile pronta a intervenire. Al momento – ci dice al telefono verso le 19 – non ci sono particolari criticità. Incrociamo le dita». Il livello idrometrico del fiume sacro alla Patria registrato dall’Arpav a Ponte di Piave mostrava ieri una salita continua ma non drammatica: un metro e 31 centimetri alle 11, 1.34 alle 14, 1.40 alle 17, 1.51 alle 18.30, un metro e 71 centimetri alle 20. Verso le 21 la drammatica comunicazione della Protezione civile: «La situazione sta precipitando, domani mattina si sfioreranno i cinque metri». 
 
La rabbia. «Qui non siamo in piazza San Marco a Venezia, non ci sono questi – dice la signora, mimando i schei tra pollice e indice – siamo completamente soli e abbandonati al nostro destino». Si chiama Fiorella Paro, abita nella zona golenale di Fagarè, a San Biagio di Callalta. Anche qui, come a Salgareda, lo scorso anno – la notte del 30 ottobre – l’acqua è arrivata fino al primo piano. «Ho avuto danni per 32 mila euro, sa quanti me ne hanno dati di rimborso? Quattromilaottocento. Cucina, bagno, camera: hanno detto che per vivere bastano queste tre stanze». Soli e abbandonati, ripete Fiorella: «Nessuno ci ha detto niente, in questi giorni, non sappiamo cosa aspettarci. Lo scorso anno ci hanno avvisati alle dieci di sera che bisognava sgomberare entro la mezzanotte. È stato un disastro». Con beffa, oltre al danno: «A gennaio hanno organizzato una cena di beneficenza per aiutare noi residenti delle zone golenali: io non ho ancora visto un centesimo, abbiamo dovuto arrangiarci in tutto». 
 
I sindaci. La situazione è monitorata anche dai sindaci, non solo da Provincia e Protezione civile. «Ho sentito in mattinata i colleghi di Zenson, Ponte di Piave e Salgareda – dice Alberto Cappelletto, sindaco di San Biagio di Callalta – stiamo monitorando la situazione, l’allerta è arancione, non rossa. Siamo comunque pronti a una riunione d’emergenza in caso di necessità». Come si agirebbe? «La prima cosa da fare è avvisare le famiglie che vanno evacuate, nelle zone golenali – dice il sindaco Cappelletto – c’è una rete operativa con la Protezione civile. Non creiamo allarmismi, al momento». «Telefoni accesi e stato di allerta arancione – gli fa eco la sindaca di Oderzo, Maria Scardellato – stiamo controllando le potenziali situazioni critiche, come i sottopassi allagati, ma al momento non ci sono problemi. La preoccupazione maggiore arriva dai fiumi, ma al momento non è stato attivato il Coc», ovvero il centro operativo comunale che coordina le operazioni d’emergenza. 
 
Piante cadute. Coc che, invece, è stato attivato a Montebelluna: si sono resi necessari interventi di pulizia strade e taglio alberi abbattuti dal maltempo in particolare lungo le prese 18 – dove sono stati tranciati i cavi del telefono, lasciano la zona scoperta – e 20 del Montello. «Sono state inoltre attivate altre squadre da parte della Regione in quanto le previsioni meteo indicano un peggioramento nelle prossime ore», dicono dal Comune di Montebelluna. 
 
La convivenza. «Si vive male, non sarà una notte facile»: siamo tornati a Salgareda, al confine con quell’animale liquido, dormiente, imperscrutabile, ora grigio come a far aumentare – anche cromaticamente – il senso di timore e oppressione. «Lo scorso anno, dopo l’alluvione spaventosa del 30 ottobre, abbiamo ripulito tutto con le nostre mani – racconta ancora Valerio Baradello – non sto piagnucolando, sia chiaro: sono un alpino della Julia, mi tiro su le maniche e faccio. Il problema è che non viene fatto nulla di serio, di strutturale per risolvere questo problema: né casse di espansione, né canali di scolo, nessuna escavazione seria del letto del fiume». L’esperienza di un anno fa non ha insegnato nulla? «Purtroppo no». 

Riproduzione riservata © Tribuna di Treviso