No al parco agrivoltaico a Sant’Andrea oltre il Muson, la frazione si appella al sindaco

L’incontro pubblico, i comitati chiedono al Comune di Castelfranco di opporsi al progetto. Il sindaco: «Cerchiamo le armi legali o un sito alternativo, come un’ex cava»

Davide Nordio
Sala gremita a Casa Barbarella per l'incontro sul parco fotovoltaico previsto a Sant'Andrea oltre il Muson
Sala gremita a Casa Barbarella per l'incontro sul parco fotovoltaico previsto a Sant'Andrea oltre il Muson

Il progetto di un impianto agrivoltaico dove saranno piantati 14 mila pannelli fotovoltaici anima la frazione di Sant’Andrea oltre il Muson: a testimoniarlo mercoledì 5 novembre l’ampia partecipazione all’incontro con l’amministrazione comunale di Castelfranco chiesto dall’associazione frazionale per far chiarezza su quanto accadrà nei venti ettari in via Cervan.

«Abbiamo saputo solo a cose fatte di questo progetto – spiega il presidente Roberto Stangherlin – nonostante le carte siano disponibili da oltre un anno e che ne siano interessati diversi comuni, oltre a Castelfranco. E già questo non ci piace. Inoltre siamo preoccupati del fatto che per i sei mesi necessari a realizzare l’impianto le nostre strade saranno attraversate da mezzi pesanti, strade che già oggi non riescono a sopportare il traffico, complice la chiusura del sottopasso di San Martino di Lupari. Già in passato abbiamo dovuto combattere contro il progetto impattante di un mega allevamento di galline, battaglia che abbiamo vinto. Ora ci tocca questo impianto. I residenti, giustamente, vogliono capire quali sono le conseguenze».

L’appello al Comune

Particolarmente agguerrito contro il progetto un gruppo spontaneo di cittadini che ha presentato un documento all’amministrazione: «Sappiamo che in Italia ogni secondo si consumano due metri quadri di suolo di aree principalmente destinate alla logistica e ai pannelli fotovoltaici a terra, entrambe favorite dalla profonda crisi dell’agricoltura. Bisogna tornare a considerare la terra come una risorsa non rinnovabile, perché se sottoposta a pesanti attività estrattive e speculative ne vengono compromesse le funzioni ecosistemiche, difficilmente recuperabili. Ciò che riteniamo rinnovabile non è automaticamente sostenibile. Riteniamo di dover chiedere innanzitutto maggiore trasparenza di fronte a un progetto specifico su cui la pubblica amministrazione deve pronunciarsi con atti pubblici che incidono direttamente sul territorio, mettendo in condizione i cittadini di conoscere e farsi un’opinione informata».

Da qui l’invito al sindaco Stefano Marcon ad adoperarsi «per un sopralluogo sull’area interessata ed adiacente al sito della Rete 2000 “Muson vecchio, sorgenti ed acqua longa” da parte di tecnici competenti finalizzata a conoscere la reale situazione dei luoghi per consentire un’attenta e puntuale valutazione dell’intervento, ad unirsi alla petizione “Sì all’energia rinnovabile, no alla speculazione energetica” nata dal Coordinamento interregionale composto già da 273 sindaci, e chiamando il consiglio comunale a pronunciarsi contro la realizzazione dell’impianto, conferendo mandato al sindaco di rappresentare in Regione l’opposizione al progetto».

Il sindaco

«La mia posizione su questo progetto è chiara, quando in consiglio ho parlato di speculazione energetica – dice il sindaco Marcon – faremo tutto il possibile per tutelare questo territorio e sarebbe auspicabile avere al fianco il mondo agricolo, che già in parte esprime la sua contrarietà all’agrivoltaico. Ma sarà molto difficile: la Provincia ha prodotto una classificazione delle aree agricole di pregio, caratteristica che riguarda tra l’80 e il 90 per cento del territorio e dove la vocazione agricola è intoccabile: ma questo è stato bypassato delle norme nazionali». Su impianti questo tipo vige infatti il primario interesse generale. «Ora si tratta di lavorare di cesello: capire bene gli atti, studiare le tematiche ambientali che devono essere salvaguardate». Ma si potrebbe pensare di proporre aree alternative: «parliamo di siti come le ex cave, tra l’altro una, a Bella Venezia, è stata destinata già a questo uso. Su questo non ho nulla in contrario, anzi». —

 

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