I primi 90 anni dell’osteria Rossetto a Paese

L’apertura nel 1935 in via Feltrina a Paese come frasca, oggi l’attività è portata avanti dalla terza generazione ed è tuttora crocevia di chiacchiere e specialità della cucina trevigiana. Il titolare Dalle Crode: «Stessa famiglia, stesso luogo: questa è la nostra forza»

Savina Trevisiol
Un’immagine d’epoca dell’osteria quando era ancora una frasc
Un’immagine d’epoca dell’osteria quando era ancora una frasc

Novant’anni di storia, tradizione e famiglia. L’Osteria Rossetto, in via Feltrina 12 a Paese, ha festeggiato il traguardo dei novant’anni dalla fondazione con una serata speciale a base di porchetta e vino. Un compleanno che non è solo simbolico ma rappresenta il filo ininterrotto di una storia che attraversa tre generazioni e che continua oggi con Larry Dalle Crode, 45 anni, attuale gestore e discendente dei fondatori Giuseppe Rossetto e Stella Bettio.

Il brindisi, a sinistra Larry Dalle Crode
Il brindisi, a sinistra Larry Dalle Crode

Aperta attorno agli anni Trenta «precisamente nel 1935, ma ci sono testimonianze orali che la fanno risalire anche a qualche anno prima» racconta Larry, l’osteria è sempre rimasta fedele al suo spirito originario. «Non è mai stata chiusa, né data in gestione o venduta, ma sempre portata avanti dalla stessa famiglia, nello stesso luogo. È questa la nostra vera forza» sottolinea con orgoglio. Nel tempo, la vecchia frasca con stalla e fienile, segnata in una cartina catastale del 1938 che Larry conserva gelosamente, si è trasformata in un punto di riferimento per Paese e dintorni.

«Era una struttura agricola semplice, con davanti il campo da bocce, come tutte le osterie di una volta. Poi i nonni hanno sviluppato la cucina, aggiungendo piatti tipici che ancora oggi manteniamo: la frittura mista, i moscardini, le polpette e i panini con salumi del territorio».

Oggi l’Osteria Rossetto è riconosciuta come locale storico del commercio, titolo assegnato dalla Regione Veneto ai locali che rappresentano un pezzo di identità collettiva. Entrando tra i tavoli di legno e le bottiglie allineate sul bancone sembra che il tempo si sia fermato. «Ci tengo a mantenere vive le caratteristiche originarie, perché questa osteria è la memoria di chi ci ha preceduti e di chi ha creduto in un sogno semplice ma duraturo: accogliere, far sentire a casa, tramandare un luogo che appartiene a tutti» conclude. «Finché potrò, continuerò. Poi sarà un nipote a portare avanti la tradizione, mi piacerebbe che restasse in famiglia». 

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