Oslo. Il racconto di Marchesin: colpiti al cuore

Trevigiano, vive con compagna e figlia a 150 metri dal luogo dell'esplosione
Massimo Marchesin, 36 anni di Treviso. Sotto, la sua compagna Ragnhild Kristina Motzfeldt cantante lirica
Massimo Marchesin, 36 anni di Treviso. Sotto, la sua compagna Ragnhild Kristina Motzfeldt cantante lirica
TREVISO.
«La Norvegia era l'utopia realizzata: cura per il territorio e l'ambiente, assoluta fiducia nelle istituzioni, profonda etica pubblica. Dopo quanto è accaduto venerdì, credo che qualcosa sia destinato a cambiare». Massimo Marchesin, 36 anni, abita a Oslo, insieme alla compagna e alla figlia di appena due mesi, a 150 metri dal luogo dove sono scoppiate le bombe che hanno sconvolto la capitale norvegese. Nell'ottobre del 2006 aveva lasciato Treviso per seguire Ragnhild Kristina Motzfeldt, la cantante lirica di cui si era innamorato. Da un giorno all'altro, per amore, ha abbandonato il suo posto da ricercatore con il professor Paolo Feltrin e si è trasferito a Oslo, senza parlare una parola di norvegese. Oggi, quasi cinque anni dopo, lavora come dirigente per un'azienda che produce sedie ergonomiche per uffici, ha una figlia e deve iniziare a convivere con il terrore innescato dalle bombe di Oslo e dal cecchino che ha ucciso 91 persone sull'isola di Utoya.  


Oslo, la città che assegna il premio Nobel per la pace, sembrava invece un teatro di guerra, dopo l'esplosione dell'autobomba in centro. C'è la paura che possa accadere ancora?

«E' una cosa che spaventa tutti. Potrebbero esserci altre bombe in giro per la città. Il vero timore però è che ora si rischia l'effetto emulazione. I messaggi che sono filtrati da governo e forze dell'ordine sono indirizzati a scongiurare proprio questa possibilità. Ci ha colpito molto che l'ideatore e autore di questo disastro sia un norvegese». 


In un primo tempo si era sospettato del fondamentalismo islamico. Ora sembra invece sicura la pista interna.

«La persona che hanno arrestato è un esaltato. Un estremista di destra, intellettualmente molto dotato. Pare infatti che abbia studiato per anni prima di mettere a segno gli attacchi. Ora resta da capire se si tratta di un isolato o se attorno a lui ci siano altre persone pronte a colpire. Ed è proprio per questo che il governo vuole scongiurare fenomeni emulativi». 


Molti definiscono la Norvegia come «il Paese disarmato». Sarà ancora possibile?

«Una cosa che mi ha molto colpito è stata la consegna del premio Nobel ad Obama. E' stata la prima volta che ho visto Oslo militarizzata. Poliziotti armati, tombini sigillati, cecchini sui tetti dei condomini. E si trattava della consegna del Nobel per la pace. Credo però che quanto è accaduto venerdì inevitabilmente porterà a diversi cambiamenti per quanto riguarda la sicurezza». 


Il fatto che ci sia un connazionale dietro a quanto è accaduto, ha colpito molto l'opinione pubblica norvegese.

«Certo. Soprattutto perché qui c'è un forte controllo della società sulla società. Dopo poco tempo che ero arrivato ad Oslo, avevo gettato a terra una cartina. Una signora mi aveva immediatamente avvicinato chiedendomi le ragioni del mio gesto e di raccogliere quanto avevo buttato. Per non parlare delle tasse: qui sono pubbliche e reperibili su internet quelle di tutti i cittadini. Per cui se una persona dichiara una cifra modesta, e poi viene notato con un'auto di grossa cilindrata, il fatto verrà sicuramente segnalato alle autorità. E non si tratta di delazione, ma di controllo sociale. Ed è efficace. In Norvegia l'evasione fiscale è bassissima». 


Il fatto che in un primo tempo si fosse sospettato dei fondamentalisti islamici, poteva scatenare la caccia allo straniero.

«Non credo che si sarebbe corso questo rischio. I norvegesi sono un popolo un po' freddo magari, ma non criminalizzano la diversità. E poi c'è un tale rispetto e fiducia nelle istituzioni che, non appena è stata smentita la pista islamica, si è iniziato subito a riflettere sul significato della pista interna».  


La Norvegia è un Paese molto ricco grazie al suo petrolio. Al tempo stesso ha però un'attenzione particolare nei confronti dell'ambiente.

«E' il settimo produttore al mondo di petrolio e il secondo esportatore. Questo vuol dire che qui l'oro nero non viene bruciato: viene raffinato e poi venduto all'estero. L'energia è infatti idroelettrica proprio per la grande attenzione al territorio. E' per questo che dico che la Norvegia era l'utopia realizzata: un Paese che è riuscito a unire sicurezza (tanto che i poliziotti lavorano disarmati), profonda etica pubblica e tutela dell'ambiente. Il timore è che gli attentati di venerdì possano aver cambiato per sempre il tessuto sociale norvegese, che non era stato ferito in modo tanto grave dai tempi della Seconda guerra mondiale».

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