Norme anti-covid la sera e smart working a pranzo, a Treviso chiude temporaneamente il ristorante Alfredo

Il notissimo ristorante trevigiano chiude «temporaneamente» l’attività. Appello dell’Ascom: «I cittadini aiutino negozi e locali ma con responsabilità»
de wolanski agenzia foto film treviso ristotrante alfredo chiuso via collalto
de wolanski agenzia foto film treviso ristotrante alfredo chiuso via collalto

TREVISO. Di certo dal 1961 i tavoli di Alfredo (El Toulà), non avevano mai sofferto come oggi: chiusi di sera dalle disposizioni anti Covid, e svuotati a pranzo da uno smart working che ha lasciato a casa avvocati, banchieri e tutto il giro degli affari che gravitavano attorno al locale. E così, il 10 novembre mattina, i gestori hanno deciso di alzare – temporaneamente – bandiera bianca. Alfredo ha chiuso fino a data da destinarsi.

IL MESSAGGIO

L’annuncio è stato dato dai figli dello storico Arturo Filippini il 10 mattina. Un doppio dolore per loro che nella primavera scorsa, proprio a causa del coronavirus, avevano perso il padre settantanovenne, morto dopo un lungo solitario confino nel reparto di terapia intensiva del Ca’ Foncello.

«Cari clienti ed amici, il ristorante Alfredo vista la situazione decide di chiudere per un po’ a tutela vostra e nostra. Abbiamo scelto secondo due parametri: la salute di ognuno di noi, la salvaguardia economica di un’azienda sana. Ripartiremo con voi e per voi». Questo il messaggio lanciato sulla pagina facebook del ristorante da Martina, Michela e Nicola.È stato condiviso da tanti amici e clienti ed ha ricevuto tante attestazioni di sostegno e affetto. Ma all’orizzonte c’è il timore che il grande “Alfredo”, possa essere solo il primo di tanti.

SITUAZIONE CRITICA

Ristoratori e baristi si stanno reinventando come possono. All’immobilismo di chi «spera che qualcuno(Zaia) intervenga» come Giacomino Benvegnù dell’Incontro, si contrappone l’imprenditorialità di chi non apriva a pranzo e ora lo fa, come la Terrazza San Tomaso o il Med in Quartiere Latino (solo per citarne due). Chi già lavorava a mezzogiorno si è inventato soluzioni per l’asporto o il delivery o ha aperto una gastronomia proponendo i piatti del ristorante in versione “pronto da finire” e gustare a casa(Odeon la Colonna). Ci sono i baristi che hanno tagliato il costo del caffè riportandolo all’euro (De Checchi di Borgo Cavour) e gli osti che hanno tagliato la pausa pomeridiana. E sono solo alcuni esempi. Ma tutto questo basta? Molti storcono il naso. Perché quello che manca, adesso, è la clientela: tra smart working, timori di contagio, e ordinanze anti-assembramenti i consumatori vivono accerchiati e poco propensi a consumare fuori. Quanti locali, in questa situazione, potranno resistere aperti?

L’ASCOM: «AIUTATECI A RESISTERE»

Moltissimi, più del 50% stanno considerando soluzioni come le chiusure anticipate malgrado abbiano possibilità di lavorare con orari ridotti perché oltre alle limitazioni ci sono le conseguenza di questa situazione psicologica. Anche chi può compra meno, esce meno, è condizionato. C’è limitazione oggettiva e una soggettiva. Chiusura chiama chiusura, purtroppo». L’invito del presidente Ascom è triplice: «responsabilità» per chi lavora, «che deve essere consapevole e farlo nel migliore dei modi possibile evitando assembramenti»; «tenere duro» perché ogni chiusura è una luce spenta in città; e infine l’appello a sostenere la città, nel rispetto delle norme, «come noi abbiamo famiglia, così i negozianti e ristoratori hanno famiglia». Tutti insieme, con attenzione, si può superare questo momento difficile.—


 

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