«Non smembrate villa Morassutti»

L’appello di De Bortoli e Botti agli eredi: «Quel luogo è un museo antropologico»

MONTEBELLUNA. Il pericolo di uno smembramento di villa Mora Morassutti e della perdita dell’unicum rappresentato da arredi, biblioteca, quadri e collezioni preoccupa anche il mondo culturale montebellunese. Lo storico Lucio De Bortoli, già assessore alla cultura, e il collega Simone Botti, vicesindaco di Caerano, condividono l’appello per una «protezione» della settecentesca villa veneta, nata come azienda agricola dotata di più di centosei ettari ed oggi sul punto di essere smembrata dalla decisione dei quattro eredi di spartirsi - legittimimamente - gli arredi disperdendo le collezioni Morassutti. Secondo la Fondazione Mazzotti, che ha chiesto un sopralluogo urgente alla Soprintendenza del Veneto al fine di valutare l’istituzione di un vincolo pertinenziale alle collezioni, quella villa va mantenuta nel suo complesso.

Così la pensano anche De Bortoli e Botti: «Villa Mora-Morassutti si presenta ai nostri occhi sotto un duplice aspetto: uno splendido e articolato oggetto architettonico (il più rilevante del Montebellunese); un documento straordinario di storia dall’altra». Nella villa vi è una «sospensione del tempo. Sotto questo profilo villa Morassutti ha il sapore del “fenomeno” introvabile. L’identità dell’edificio coincide con la sua totale inalterabilità nei decenni e nei secoli. La conservazione assoluta di materiali ed arredi, sia pur nel loro affastellarsi, costituisce una patina temporale senza precedenti; una patina che investe anche la statuaria esterna, l’articolata trama edilizia degli annessi rurali aziendali, gli intonaci e che domina gli interni. Si tratta di un “unicum” consentito e garantito dall’insieme di tali presenze». Inoltre « l’attuale condizione di casa-museo, o meglio, di casa della civiltà in villa». Infine «il palinsesto. La storia delle famiglie signorili è, come è noto, segnata da rapporti matrimoniali, da nuovi innesti e fusioni. In gran parte di queste dimore tutto ciò non ha lasciato alcun segno, gli intrecci si sono dissolti nel tempo e nelle scelte padronali di turno. A Villa Morassutti, invece, la coesistenza della venezianità dei Mora si è incrociata con la piemontesità dei Vitale secondo un principio di accumulazione. Questo insieme di ragioni fanno della villa un documento antropologico nel quale ritrovare intatti mode, usi, costumi, predilezioni, atteggiamenti, letture e pratiche di un’intera fase storica. Le sue stanze hanno ospitato élite e borghesi, icone del Novecento (Hemingway) e reparti militari. Un luogo così irripetibile e al momento “non visibile” possiede di per sé una forza evocativa di enorme suggestione».



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