Non pagano le quote, agenti a processo

L’Usarci, l’associazione dei rappresentanti e agenti di commercio, ha trascinato davanti al giudice quaranta iscritti con l’accusa di aver violato lo statuto. La colpa degli associati? Non aver pagato la quota annuale di iscrizione di 150 euro.
«Il ricorso al l tribunale è stata l’ultima mossa, dopo aver inutilmente tentato tutte le altre strade per recuperare le somme mancanti», spiega il presidente Andrea Zanchetta.
Davanti al giuidice del tribunale di Treviso stanno ora sfilando, uno dopo l’altro, gli agenti di commercio querelati dall’associazione di cui facevano parte.
In alcuni casi la vicenda si sta chiudendo con un accordo, in altri invece gli iscritti hanno pagato oltre alla quota dovuta anche le spese legali. Insomma, un salasso.
Ma non c’era altro modo per l’associazione di rientrare del buco causato dai «furbetti» della quota? «Le abbiamo provate tutte: solleciti telefonici ripetute, mail, lettere e non abbiamo ottenuto nulla - assicura Barbara Zanussi, consulente legale dell’Usarci - Ci sono tre persone dell’ufficio dell’Unione che stanno lavorando solo al recupero delle quote. E ci sono casi per i quali abbiamo iniziato a mobilitaci addirittura quattro anni fa. Per l’associazione le quote sono indispensabili: dobbiamo pagare le spese e dobbiamo anche sapere in ogni momento con esattezza quanti sono gli iscritti. Lo statuto dell’ente prevede che il versamento debba essere fatto entro febbraio e questo garantisce agli associati di usufruire dei vari servizi e delle convenzioni. Chi intende andarsene deve dare comunicazione della disdetta entro il 30 settembre; diversamente è previsto il rinnovo anno per anno. E in tal caso la quota va versata». Invece l’associazione, che nella Marca riunisce 1.800 persone e che per la categoria è una delle più importanti realtà in Italia, si è trovata a fare i conti con un numero crescente di «furbetti» che non comunicavano la disdetta, ma neppure pagavano il dovuto.
Di qui la decisione di mettere ordine per tutelare chi paga regolarmente . Anche adottando soluzioni drastiche. «L’alternativa - spiegano all’ufficio legale - era quella di rivolgerci a Equitalia per procedere agli incassi, ma ci sembrava una soluzione pesante. Abbiamo pertanto deciso di rivolgerci al tribunale».
Sabrina Tomè
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