Niente fondi pubblici Radio Veneto Uno ultima voce di Treviso verso la chiusura

Il fondatore: «Veniamo condannati dalla burocrazia ma mi batterò per salvare gli stipendi dei miei “ragazzi”»
sbrissa agenzia foto film treviso radio veneto uno roberto ghizzo
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L’ultima voce radiofonica trevigiana rischia di spegnersi per sempre. Radio Veneto Uno è a un passo dalla chiusura. In ballo ci sono una decina di posti di lavoro in redazione, il futuro di un centinaio di musicisti chiamati per eventi e collaborazioni, e il declino di una storica realtà culturale che finora si è retta per larghissima parte con finanziamento pubblico. «Ci è stato negato il contributo dell’anno 2018 che ci sarebbe servito per coprire la gestione 2020. Siamo vittima di una profonda ingiustizia e senza quella provvidenza non potremo durare. Chiedo al sottosegretario all’Editoria Andrea Martella di battere un colpo».

L’appello di Roberto Ghizzo, che 45 anni fa fondò l’emittente, è colmo di voglia di combattere fino all’ultimo respiro. «Non voglio arrendermi, lo faccio per i fioi fantastici che lavorano qui, voglio salvare i loro posti di lavoro».

LA STORIA

Prima si chiamava Radio Veneto Libera, poi diventata Radio Veneto Uno, la sede è sempre rimasta la stessa, al civico 17 di viale 55° Reggimento Fanteria vicino al Cinema Edera. Al momento del suo esordio l’etere era costellato di frequenze: Radio Alfa dedicata all’informazione, Radio Marca dalla forte vocazione sportiva, Radio Tv 103 che tendeva all’estrema sinistra, Radio Treviso Centrale, di musica intelligente, mentre da Casa Toniolo trasmetteva Radiovita della diocesi. Fucine del talento che hanno sfornato generazioni di giornalisti, a poco a poco sono scomparse, soppiantate dall’avvento della televisione e delle nuove tecnologie. Tutte meno una: Radio Veneto Uno, la prima radio privata d’Italia con orchestra filarmonica, sulla quale ora pende la scure della burocrazia. «La provvidenza ci è stata negata adducendo a verbale che non abbiamo i requisiti di diffusione in ambito nazionale come previsto dalla legge 230 del 1990, per la quale mai abbiamo presentato domanda» aggiunge Ghizzo. Ma la norma che da 21 anni garantisce la provvidenza a RV1 richiama ben altro principio per giustificarne la copertura economica e fa riferimento alle “imprese radiofoniche private che abbiano svolto attività di informazione di interesse generale”. La bocciatura non ha quindi motivo d’essere, se si va a guardare il palinsesto dell’emittente con rassegna stampa mattutina, gr anche in lingua veneta, interviste, e una ricca proposta di musica classica trasmessa ma anche eseguita nella Marca attraverso l’orchestra I Solisti di Radio Veneto Uno.

LA DENUNCIA

«Mi è stato negato un diritto acquisito inviolabile, certificato dalla legge, sancito dalla Corte costituzionale e messo nero su bianco dalla nostra Carta che sancisce il principio del pluralismo dell’informazione. Come si fa a dire che non facciamo questo, quando garantiamo il 50% di informazione e il 50% di cultura come previsto dalla legge 250 del 1990?» prosegue Ghizzo. Ama la sua creatura come un figlio e la cosa che gli sta più a cuore è salvare i posti di lavoro. «Sto centellinando le ultime risorse, ma i soldi per stipendi e contributi sono quasi finiti».

Carte alla mano, la cosa che più stona, riguarda la ripartizione delle risorse per consentire alle radio di continuare ad esistere. «Mi domando come sia possibile che Radio Radicale riceva in media 14 milioni di euro l’anno di contributi pubblici, mentre a noi vengono negati 350 mila euro per poter dare lavoro sul territorio».

Resta un barlume di speranza. Ghizzo ha inviato una diffida alla Commissione consultiva per il sostegno all’Editoria e chiesto un appuntamento al sottosegretario Martella, mentre la Lega ha presentato un’interpellanza in Parlamento e il Sindacato dei Giornalisti sta seguendo da vicino la questione.

Valentina Calzavara

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