Nato in garage a S. Zeno lo studio Mzc fa 40 anni e ora disegna a Londra

Negli uffici oggi ci sono pile e pile di riviste, carte, disegni, gadget, idee diventate realtà, e altre rimaste schizzi. Ma c’è soprattutto la traccia di un fermento che dura da anni, quaranta per l’esattezza. E si è fatto spazio a spallate, nottate di lavoro, e un bel po’ di coraggio. Basti pensare che lo studio Mzc che oggi firma tra i più importanti interventi di riqualificazione della città (Ca’ dei Ricchi, Hesperia, Edison, Astra, park Cantarane, Palazzo Giacomelli e lo steso Palazzo Ancillotto di Alessandro Benetton, solo per citarne alcuni) è nato in un garage di via San Zeno, dove i tavoli da disegno erano appesi al muro e venivano messi in orizzontale spostando a mano la vecchia utilitaria che normalmente occupava tutto lo spazio. Iniziarono così i due soci fondatori: Mario Marchetti e Fabio Zampiero. Erano giovani, e parecchio. L’uno insegnante di tecnica al Pio X, l’altro professionista. Di giorno dipendenti, di sera sognatori. L’inizio, com’è normale sia, tra piccoli progetti di villette e interventi di minima. Poi il salto di qualità con il restauro di un appartamento di pregio a San Parisio, l’occasione che ha segnato una vita. Perché da lì lo studio ha iniziato la lunga e continua crescita che l’ha portato oggi a crescere in numero, oneri e sfide. In questo ha giocato anche l’ingresso di Giuseppe Cangialosi, ex studente dello stesso Marchetti entrato inizialmente in bottega da collaboratore, dopo la laurea. In quarant’anni lo studio si è specializzato nel restauro e nell’innovazione di edifici storici, ma adesso si è gettato a capofitto in quella che è forse una delle sfide più pressanti dell’attualità urbanistica italiana, e non solo: la riqualificazione. L’ultimo incarico in ordine di tempo l’ha portato direttamente a Londra, dove a marzo inaugurerà la nuova sede di Axicom, l’agenzia internazionale di comunicazione, ma negli ultimi mesi ha ripensato integralmente uffici e stabilimento di colossi come Carraro e Irinox riuscendo a modernizzare e rilanciare capannoni altrimenti destinati solo alla demolizione o all’abbandono. Come? Basta guardare i risultati: un colpo al cerchio delle creatività, uno a quello della funzionalità, «e meglio se nel rispetto delle linee storiche delle architetture aziendali» spiegano dallo studio di via Santa Margherita dove pare di essere un po’ a casa, un po’ sempre a scuola. —

F.D.W.

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