Nuove norme su bilanci e statuto: centri antiviolenza a rischio

L’accordo Stato Regioni prevede che i gestori se ne occupino in via esclusiva. La Esse e Una casa per l’uomo: «Così è dura continuare». Appello dei Dem

Enzo Favero
Le scarpe rosse, simbolo della violenza sulle donne
Le scarpe rosse, simbolo della violenza sulle donne

O cambia l’accordo Stato Regioni del 2022 sui requisiti minimi per centri antiviolenza e case rifugio, oppure molte di queste strutture rischiano di chiudere a settembre.

In provincia di Treviso sono sulle spine per esempio i centri che fanno capo alla cooperativa Una casa per l’uomo - il centro antiviolenza Stella Antares e le due case rifugio tra Montebelluna ed Asolo per una dozzina di posti e Cambiamento Maschile - e quelli della cooperativa La Esse, a Quinto, Mestre e Treviso.

L’intesa Stato Regioni sancita nel 2022 prescrive infatti che sia i centri antiviolenza che le case rifugio per donne abbiano come requisito di “perseguire statutariamente, in modo esclusivo o prevalente, le attività di prevenzione e contrasto alla violenza maschile, valutate anche in relazione alla consistenza percentuale delle risorse destinate in bilancio”. Ma sia Una casa per l’uomo che La Esse svolgono molteplici attività nel settore delle emergenze sociali, e questa esclusività o prevalenza nei bilancio non sono in grado di rispettarla.

«Operiamo da 10 anni con il centro antiviolenza», dice Elena Gajotto, operatrice di Una casa per l’uomo, «da quando è stato costituito hanno avuto accesso ai nostri sportelli 800 donne. Se non viene modificata la norma da metà settembre potremmo sì operare, ma senza averne i requisiti per poter avere finanziamenti pubblici e quindi diventerebbe impossibile».

Lo Stella Antares ha sportelli anche a Vedelago, Asolo e Pieve di Soligo e gestisce due case rifugio per donne vittime di violenza nel territorio che va da Montebelluna ed Asolo; Cambiamento Maschile opera a Montebelluna, Conegliano e Treviso. Stessa preoccupazioni per La Esse. «Se non cambia l’intesa Stato Regioni non potremmo più gestirli» afferma il presidente Alberto Baccichetto, «Siamo in attesa che si sblocchi questa situazione, abbiamo anche costituito l’associazione Cora che riunisce finora dodici enti per poter interloquire col Dipartimento ministeriale».

Per cercare di dare una svolta ad una situazione che rischia di cancellare strutture essenziali contro la violenza sulle donne lancia un appello il capogruppo dei Democratici per Montebelluna, Davide Quaggiotto.

«Si rischia la chiusura dei centri antiviolenza e delle case rifugio gestite da alcune realtà del nostro territorio che da anni si impegnano, dimostrando professionalità e aiutando tante donne vittime di violenza. La prevista prevalenza/esclusività del bilancio per le attività legate al contrasto alla violenza di genere non tiene conto delle specificità di molte organizzazioni che si occupano di contrastare la violenza di genere nel nostro territorio e in Veneto. Penso che sia necessario impegnarci come territorio e come amministratori locali per scongiurare la chiusura dei centri. Per questo propongo all’amministrazione di avviare delle iniziative istituzionali e politiche, condivise, per richiedere la modifica dell’Intesa Stato-Regioni. L’approvazione di una mozione all’unanimità e l’invio di una lettera sottoscritta da tutti i membri dei gruppi politici presenti in consiglio potrebbero essere delle azioni da realizzare. Per essere efficaci», conclude Quaggiotto, «sarebbe opportuno anche un intervento dei comuni contermini. Quindi, rivolgo un appello anche a loro».

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