Muore la “Porta dell’acqua” le sorgenti del Sile a secco

Porta dell’acqua, il sancta sanctorum delle sorgenti del Sile a Casacorba di Vedelago non esiste più. Un’oasi verde divenuta cattedrale desertica: senz’acqua e completamente avvolta da rovi e sterpaglie. Le conseguenze sono molteplici e si prestano al cuore di quanti ricordano e hanno ben in mente che il Sile è, speriamo resti, il fiume di risorgiva più lungo d’Europa.
La storia
Quando Porta dell’Acqua veniva inaugurata, a reggere il nastrino tricolore c’erano l’ex presidente della Provincia Leonardo Muraro, Roberto Marcato attuale assessore regionale, lo “sceriffo” di Treviso Giancarlo Gentilini, e l’ex sindaco di Vedelago Paolo Quaggiotto. Sono trascorsi gli anni, quasi 10, e quel progetto vidimato dall’ente Parco Sile si è maciullato contro quella terribile bestia che alcuni chiamano “cambiamento climatico” altri “riscaldamento globale”. Qui lo chiameremo “riscaldamento globale” per asserire con forza che anche le nostre bellezze locali stanno sopperendo e svanendo vittima di quella mannaia infernale che si chiama “inquinamento atmosferico”. Il nostro Sile si sta abbassando. Porta dell’Acqua di Casacorba può benissimo essere ribattezzata con il nome di “Morte dell’Acqua”. Nel sito dell’ente Parco Sile, cliccando sulla voce Porta dell’Acqua di Vedelago, spuntano delle didascalie floreali che spiegano come da quel punto della mappa “partono le piste ciclo pedonali per Jesolo”, ancora la “GreenWay della regione Veneto” un’esperienza naturalistica lungo tutto il percorso del fiume Sile. Scorrendo verso il basso, il sito spiega che Porta dell’Acqua comprenderà un “centro visite composto da una struttura ricettiva, un ecomuseo, un’area dedicata per le attività didattiche, scientifiche e turistiche”. Ecco, niente di tutto questo esiste.
Il bosco dei fontanassi
Poco più in là, il Bosco dei Fontanassi. Quello resiste, tra qualche ramo caduto in mezzo al sentiero e qualche passerella avvolta dai rovi, quello resiste, almeno l’acqua c’è. I ricercatori e imprenditori dell’azienda naturalistica Barbasso Nature di Morgano, finanziata dall’Unione Europea, hanno monitorato il livello del fiume Sile in più punti, quando non viene alimentato dalla canalizzazione delle acque del Piave per via delle messe in opera del Consorzio di Bonifica Piave. «Bene, a portata naturale, il livello delle sorgenti del Bosco dei Fontanassi registrano una minima diminuzione, mentre l’abbassamento delle acque a valle, anche solo a Santi Angeli di Treviso, è visibile ad occhio nudo», spiega Fabio Cogo, ricercatore forestale, tra i fondatori di Barbasso Nature. Anche per loro, la morte di Porta dell’Acqua è una drammatica conseguenza di un fenomeno globale che sta mietendo vittime ad ogni livello.
L’illegalità
Quella di Porta dell’Acqua è stata una storia iniziata con grandi presupposti, nel mezzo abbandonate, ed infine, ammazzate dal “climate changes”. Durante la sua metamorfosi c’è stato spazio anche per atti di illegalità. Il fontanile ha persino subito lo sversamento illecito di quintali e quintali di inerti. Era l’agosto del 2014 e la porta nord del Parco del Sile accoglieva con tre quintali di inerti i suoi ciclo turisti. I ricercatori di Barbasso, che oltre a monitorare i livelli dell’acqua, attenzionano anche le specie animali, sono stati chiari: «La fauna è totalmente stravolta, dopo la città di Treviso il Sile diventa inquinato, anche ad occhio nudo. Uniche aree che ancora resistono e fanno da rifugio per le poche specie acquatiche e volatili sono il Bosco dei Fontanassi, l’oasi di Barbasso e l’oasi di Cervara».
Le azioni del Comune
Anche il Comune di Vedelago che ospita Porta dell’Acqua vorrebbe lasciare un segno concreto per tutelare il suo patrimonio. «Ci sono molti progetti in ballo», spiega la sindaca Cristina Andretta, «non ultimo un programma regionale che prevede che ciascun comune rivierasco al Sile predisponga di un punto ristoro». Ma per la sindaca il valore delle sorgenti va ben al di là di un semplice punto ristoro: «Cercare di dare voce e strada ad un famoso marchio d’Alto Sile sarebbe l’occasione per creare un tavolo di confronto con ente regionale ed esperti nel settore. Solamente insieme possiamo valorizzare e tutelare queste aree naturalistiche». Un tavolo di confronto con privati, associazioni e stakeholders come primo obbiettivo. Anzi, come urgente obbiettivo. «Ho chiesto un incontro con l’assessore regionale al territorio e cultura Cristiano Corazzari; sarà l’occasione per iniziare un percorso che dovrà essere il più inclusivo possibile». —
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