Morto Giovanni Flora l’uomo delle meridiane Ne ha firmate oltre 400

Aveva 97 anni, l’uomo che guardava il cielo. E sapeva più di ogni altro quale fosse il segno di ogni giorno, perché leggeva il tempo come noi non facciamo più. E al sole, che dà vita e tutto scalda, Giovanni Flora affidava il compito di scandirlo. Su case e chiese, piazze, ovunque il sole possa tracciare un segno. L’ ombra che si fa ora e tempo, fosse pure il corpo umano.
Ha creato almeno di 400 meridiane, Giovanni, geometra, dipendente della Provincia, spirato nei giorni scorsi con la discrezione che gli era congeniale. Altrettante ne aveva fatte papà Giuseppe, ingegnere di Portobuffolè, folgorato al Bo dal professor Pasini, che usava le proiezioni del sole come strumento didattico.
Amore a prima vista, passione, innesco di una straordinaria saga familiare. Nella Marca son censite 1.200 meridiane? I Flora ne hanno firmate (siglate G.F.), un terzo almeno. Giovanni, salvatosi dalla Russia perché graziato due volte dal sorteggio nei Lancieri di Novara (del suo battaglione non tornò nessuno), è un’istituzione, proprio come il padre. E tre dei suoi quattro figli - Giuseppe, Francesco e Silvano, poi c’è Lucia - continuano l’arte.
Le più note creazioni di Giovanni sono a 4 mani con l’architetto Toni Follina. La Piazza Grande di Oderzo, meridiana lemniscata, gnomone la cuspide centrale del Duomo. O piazzetta San Parisio a Treviso e Sant’Andrea a Nervesa.
L’ultimo capolavoro? La analemmatica di Possagno, ai piedi della scalinata del tempio, davanti alla gypsoteca. Lo gnomone? Chi arriva lì, con il suo corpo. O quella privata di villa Rapizzi: asta di 5 metri, da Guinness dei primati.
Ad altre era affezionato con il cuore. Quella artistica a Sarmede, sulla facciata del municipio, con il pittore Stepan Zavrel, fondatore della rassegna di illustrazione per l’infanzia. Quella del campanile di Valdobbiadene, opera dell’abate Follador nel 1882 ma bombardata dagli Austriaci nel 1918. Valdobbiadene è capitale delle meridiane (oltre 40): un consorzio di comune, parrocchia, imprese e cittadini, in testa Gianantonio Geronazzo, aveva finanziato il restauro. E lì Flora aveva dato l’ultima lezione, al seminario nazionale 2016 di gnomonica.
E cosa dire di quella che omaggia i bimbi morti sotto le bombe del 7 aprile 1944, alla chiesetta delle Acquette? Ma nessuna potrà eguagliare la più intima, quella realizzata in onore del padre Giuseppe sulla sua tomba, al cimitero di Portobuffolè.
E un viaggio lungo le sue creazioni non esime dai motti filosofici e poetici - latini, italiani, dialettali - fra cui il suspice caelum, o il nulla dies sine linea (“scruta il cielo” e “nessun giorno senza un segno”).
Flora è stato uomo che dialogava con il tempo. Aveva un’altra passione, oltre alla moglie Anna perduta dopo 63 anni di matrimonio. La montagna: questione di DNA, lo zio era Attilio Zancristoforo, primo italiano a salire la Nord del P elmo. —
A.P.
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