Morto Giorgio Dario-Paolucci l’ultimo pittore del Novecento

ASOLO. Si è spento nella sua casa sotto la Rocca, all’età di 92 anni, il pittore veneziano Giorgio Dario-Paolucci. Forse l’ultimo della generazione dei grandi pittori veneziani del Novecento.

Nato a Venezia nel 1926, autodidatta di grande talento, lascia gli studi scientifici e si dedica alla pittura, incoraggiato anche da un già affermato Filippo de Pisis, che lo esorta «ad avanzare nel duro cammino dell'arte». Espone per la prima volta, poco più che ventenne, alla Galleria Botteghe Ongania ottenendo primi riscontri di critica. A venticinque anni riceve il primo premio alla collettiva della Bevilacqua La Masa, consistente in un assegno di 150 mila lire per un soggiorno artistico a Parigi, dove si trattiene per due mesi. Molti i riconoscimenti, dalla Biennale di Venezia alla Quadriennale di Roma. Trasferitosi in terraferma, prima a Castelfranco e poi ad Asolo, manterrà sempre un fortissimo legame artistico con Venezia. Straordinarie le sue opere che descrivono Burano, Mazzorbo, San Francesco nel Deserto, la Giudecca. Negli anni seguenti, riluttante al mondo della critica, ai mercanti e alle cerimonie, si è ritirato nel posto più bello di Asolo, sotto la Rocca, lontano dai riflettori. Definito «il pittore solitario», refrattario alle formule e alle correnti, segue il temperamento artistico espressionista di Gino Rossi e, usando la forza del colore, dà tempra alle scene contadine che hanno sempre caratterizzato le sue opere. Burbero e scontroso solo all’apparenza, Dario-Paolucci in realtà era un uomo dolcissimo, capace di commuoversi davanti a una goccia di rugiada e inchinarsi alla fatica del lavoro sui campi. Tra le sue opere più note c’è il ritratto di “Pepelatte”, contadino selvatico e riottoso, suo grande amico. Lascia la moglie Bice, musa discreta della sua arte e delle sue inquietudini, e il figlio Matteo, docente allo Iuav di Venezia. I funerali si svolgeranno martedì alle 15,30 nella Cattedrale di Asolo. —

D.Fer.



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