«Montebelluna mi ha subito accolto la porto nel cuore»

Don Cleto Bedin da ieri cittadino onorario vive a Nervesa Vent’anni alla guida del Duomo, in prima fila con i fedeli
Di Enzo Favero
DeMarchi Montebelluna duomo consegna cittadinanza onoraria a don Cleto Bedin
DeMarchi Montebelluna duomo consegna cittadinanza onoraria a don Cleto Bedin

MONTEBELLUNA. Tornato dopo due anni e mezzo, non più in veste di prevosto del Duomo ma come cittadino onorario, monsignor Cleto Bedin ammette di aver lasciato a Montebelluna una parte del suo cuore. Vent’anni di missione pastorale hanno lasciato un segno indelebile nel suo cuore e si è detto emozionato ieri al momento di ricevere dal sindaco Marzio Favero la cittadinanza onoraria. Originario di Cornuda, 19 anni da rettore del seminario vescovile, 20 anni come prevosto di Montebelluna, dal 2014 don Cleto, che oggi ha 80 anni, vive a Nervesa, dice messa, confessa, visita gli anziani, ma i legami con Montebelluna non si sono mai allentati.

Ieri pomeriggio è tornato nel Duomo dove per vent’anni ha celebrato messa per ricevere la cittadinanza onoraria in una chiesa gremita di gente.

Di nuovo a Montebelluna, don Cleto.

«Gli anni trascorsi a Montebelluna mi hanno segnato profondamente sia come uomo che come sacerdote. La vicinanza dei montebellunesi l’ho sentita subito, fin dal mio arrivo. Spesso venivo fermato in piazza o in altri luoghi da persone che conoscevo poco o non conoscevo affatto che mi esprimevano il loro apprezzamento per il mio operato. Ho sempre sentito il sostegno della gente al mio operato pastorale, sociale, culturale, anche operativo quando si è trattato di restaurare il Duomo e la chiesa di Santa Maria in Colle. Tanta gente semplice mi ha sempre dato sostegno e incoraggiamento. I montebellunesi sono gente riservata, sobria, che parla più con i fatti che con le parole, sono esempio di onestà, creatività, operosità».

Nei suoi 20 anni si sono succedute varie amministrazioni, come sono stati i suoi rapporti con le autorità laiche?

«C'è stata sempre stima reciproca con tutti i sindaci, ci sono sempre stati rapporti di collaborazione, ho poi sempre apprezzato l'impegno costante dell’attuale sindaco e mi auguro che riesca a portare a termine i progetti importanti che ha avviato».

Tra gli impegni che hanno visto la chiesa schierata al fianco della politica c'è stata la battaglia per la salvaguardia dell'ospedale di Montebelluna. Come vede oggi quella battaglia?

«È stata una azione importante e necessaria, a cui hanno dato in tanti il loro contributo e che ha avuto come risultato il mantenimento dell’ospedale. Oggi è una struttura che continua ad operare con persone qualificate».

E poi ci sono stati i lavori di restauro: della chiesa di Santa Maria in Colle e del Duomo, opere importanti fatte durante i suoi 20 anni di prevosto a Montebelluna.

«Al di là dei restauri realizzati, mi ha colpito la partecipazione della gente, la collaborazione, ricevevo i complimenti da parte della gente più comune, più semplice, che sentiva come propria la chiesa di Santa Maria in Colle, come proprio il Duomo. Perché Montebelluna ha un po’ nel suo sangue questo gusto di costruire, di realizzare, in questi anni come più di un secolo fa quando ha innalzato il Duomo».

Come vede oggi la città?

«La vedo ovviamente con i ricordi del passato, ma sono ancora in contatto con tante persone e percepisco il peso di tante situazioni economiche e bancarie che si sono succedute in questi anni e di cui soffre la cittadinanza. E sento tanto affetto da parte delle persone che incontro e che mi esprimono sempre la loro vicinanza».

Cosa pensa ci sia bisogno oggi a Montebelluna?

«Ci sono sempre esigenze nuove, istanze nuove, soprattutto nell'ambito giovanile, da portare avanti».

Le è rimasto il cruccio di non essere riuscito a fare tutto quello che avrebbe voluto?

«Dove avrei voluto vedere di più? Nell'ambito della partecipazione pastorale e del laicato. In prospettiva i sacerdoti sono sempre meno ed è necessario un laicato che faccia servizio».

Da quando è andato in pensione, nel 2014, lei vive a Nervesa. Cosa fa ora?

«Adesso faccio il semplice prete a Nervesa. È una esperienza nuova. Svolgo sempre il mio servizio pastorale, ma con più disponibilità di tempo, con meno assillo di prima. Celebro le funzioni religiose, confesso, vado a visitare gli anziani, insomma continuo a partecipare alla vita della comunità, ma con più tranquillità di prima».

Adesso è cittadino onorario di Montebelluna. Come si sente?

«Ho provato tanto piacere e tanta emozione nel ricevere questa onorificenza. Mi fa piacere restare concittadino dei montebellunesi, che continuerò a ricordare nelle mie preghiere come continuerò a pregare Dio che li aiuti in questi tempi difficili a realizzare i loro ideali».

C'è un invito da rivolgere ai montebellunesi, soprattutto alle giovani generazioni?

«Prendete esempio dai vostri padri, quell'esempio di onestà laboriosità, fratellanza, fede in Dio. Procedete uniti insieme per fare di Montebelluna un luogo sicuro e sereno».

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