Montebelluna, la scuola dei cinesi nel cuore della Marca

A Montebelluna lezioni di mandarino, storia e cultura orientale In classe due giorni la settimana, gli insegnanti sono riconosciuti

MONTEBELLUNA. La campanella suona tutti i sabati e le domeniche pomeriggio e 195 scolari, dopo una settimana di scuola, si ritrovano ancora sui banchi. A studiare le stesse materie che i loro coetanei approfondiscono a settemila chilometri di distanza.

Montebelluna è la capitale dei cinesi della Marca (1.090 nel 2016 secondo l'Istat), cuore del Nordest e di un distretto industriale legato allo sportsystem: è qui che ha sede la scuola dei cinesi, un’esperienza unica in Veneto e tra le poche in Italia, premiata nel 2014 dalla Repubblica Popolare Cinese come una delle 18 realtà scolastiche più quotate nel mondo.

Un'esperienza nata all'ombra dei campanili - le due sedi si trovano a Guarda, nelle aule della primaria parificata "Maria Ausiliatrice", e a Biadene, nei locali dell'oratorio - per volere di un prete, don Francesco Pavin, 79 anni, oggi vicario parrocchiale a San Vito di Altivole, che dal 1996 ha legato la sua missione pastorale alla Cina. Al suo fianco, il professor Xu, cinese di Pechino, per trent'anni docente a Ca' Foscari. Sono loro, attraverso l'associazione "Italia-Cina", a coordinare questo micromondo, perfettamente integrato con il contesto. Basti pensare che a Guarda si studia cinese nel weekend nelle stesse aule della scuola italiana e che al sabato il cortile dell'istituto salesiano è un brulicare di bimbi con gli occhi a mandorla e piccoli trevigiani diretti al catechismo. Tre ore di lezione al sabato e altrettante alla domenica da settembre a giugno seguendo il calendario (vacanze comprese) della scuola italiana. Agli albori, nel 2005, le classi erano due, poi l'esperienza è cresciuta e sono state aperte sedi anche a Istrana e Bassano, preferendo poi concentrare tutto a Montebelluna.

Montebelluna, la scuola cinese nel cuore della Marca

Oggi le classi sono otto, distribuite in cinque livelli. Gli scolari dai 5 ai 13-14 anni arrivano da ogni angolo della Marca e pure da Feltre e Bassano. «L'apprendimento del mandarino, ovvero della lingua ufficiale, è ritenuto fondamentale dai genitori cinesi al pari dei valori su cui si incardina la vita: lavoro, famiglia, patria e culto degli antenati» spiega don Pavin. A scuola si insegnano la grammatica, la scrittura, la lettura, la storia e la cultura cinesi. «Non possono occuparsene i genitori, troppo impegnati al lavoro. Servono insegnanti qualificati. Ma ai genitori viene chiesta la costanza di portare i loro figli a lezione per tutto l'anno scolastico» sottolinea il professor Xu. C'è anche un sacrificio economico: la scuola è privata e per la frequenza è richiesta una retta di 300 euro al semestre. Il corpo docente è formato da otto insegnanti (tutte donne) madrelingua, pagati con i voucher. Il nuovo allievo e la sua conoscenza del cinese vengono valutati con un test di ingresso che permette agli insegnanti di inserire l'alunno nella classe del giusto livello. L'unica prima fa base a Guarda. E' la classe più numerosa, trenta piccoli dai 5 ai 7 anni ancora incerti nella scrittura, tanto più negli ideogrammi.

Ci aprono le porte nell'ultimo sabato prima della pausa natalizia. In aula è una festa. La maestra scrive alla lavagna e i piccoli ripetono: da imparare ci sono anzitutto i quattro toni della lingua. Ogni scolaro che risponde esattamente viene premiato con un applauso, per richiamare l'attenzione l'insegnante lancia un motto che la classe completa all'unisono. Così per tre volte di seguito, poi non fiata una mosca almeno per un po'. Le basi dell'apprendimento sono un gioco e la maestra non risparmia sorrisi e richiami bonari a chi di fare lezione proprio non ha voglia e fa i dispetti (in italiano) al compagno. In terza, invece, la lezione del professor Xu, che sostituisce la maestra titolare volata in Cina per le feste, prende spunto da una lettura sul tempo: non rimpiangere il passato, vivere il presente e pensare al futuro. Si discute, il prof scrive proverbi e massime sul tempo alla lavagna, gli alunni copiano, la storia si mescola alla filosofia.

Quando suona la ricreazione, dagli zainetti spuntano merendine, giochi e carte dei personaggi del momento da scambiare. Tutto come alla mattina, in questa scuola di soli cinesi. «In realtà la scuola è aperta a tutti, qualche anno fa avevano iniziato a frequentare anche bimbi italiani» spiega don Pavin, «Ma c'erano difficoltà di orario, è un'attività molto impegnativa nel tempo». Già, impegnativa: al termine delle lezioni del sabato vengono assegnati i compiti per l'indomani, così alla domenica mattina i bimbi devono correre per finire le lezioni della scuola italiana e di quella cinese. Fatica? I bimbi fanno spallucce. Studiare è il loro lavoro, e il lavoro per i cinesi è sacro.

 

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