Montebelluna. Deve pagare per chiudere l'attività e chiede aiuto. Gara solidale sul web

la storia
Ha sempre stretto i denti e superato vicissitudini e tragedie che hanno costellato la sua vita, ma questa volta deve arrendersi e chiudere l’attività artigiana che aveva avviato con il marito a Montebelluna e poi da sola quando lui – Diego Michielon, a soli 31 anni – era stato ucciso dalla pallottola sparata dalla pistola del poliziotto. Era il 1994, Angela aveva già tre figli, Cristina, Matteo e Roberta, ne attendeva un quarto nato con una rara malattia metabolica e deceduto a due anni di età.
Ha portato avanti l’azienda, una stireria artigiana che lavora per conto terzi, da sola, poi l’ha trasferita da alcuni anni a Caerano. Oggi ha 55 anni e lei – tornata in Italia dalla Tasmania, dove era emigrata la sua famiglia quando aveva 11 anni – si trova a combattere la battaglia più dura: un tumore in forma grave diagnosticato da poco.
Già la stireria era in difficoltà, si era aggiunto il lockdown ad aumentare le criticità. Così l’azienda dovrà chiudere perché Angela non è più in grado di continuare a portarla avanti e i figli sono impiegati altrove. Ma chiudere l’attività rischia di costare di più dell’avviarla: ci sono i fidi bancari da chiudere, c’è da finire di pagare l’ultimo macchinario acquistato, ci sono i contributi e la liquidazione dei due dipendenti. E si aggiunge il fatto che non ha ancora maturato gli anni per andare in pensione e versare cinque anni di contributi volontari rischia di essere un salasso.
Di fronte a questo quadro i figli Cristina, che vive a Bologna, e Matteo, che abita invece a Montebelluna, hanno deciso di lanciare una raccolta di fondi tramite la piattaforma “GoFundMe”. Obiettivo, raggiungere la somma di 25mila euro per coprire in parte le spese necessarie. E nel giro di un giorno su “Bravery – Mille arcobaleni dipinti in tempo cupo” sono stati raccolti oltre 3mila euro, tanti da donatori anonimi.
C’è stato chi ha dato mille euro, chi 600, chi 100, chi 20: una catena di solidarietà a cui si è aggiunta la contrada del Mancappello di cui fa parte Matteo, il fratello di Cristina, rilanciando l’appello ad aiutare Angela e la sua famiglia.
«Credo che sia una situazione paradossale chiedere aiuto economico per chiudere una attività, non per aprirla. Ma presumo si trovino in tanti in questa situazione e che quindi sia piuttosto grave e meritino attenzione le difficoltà dei piccoli artigiani costretti a chiudere e lasciati completamente a se stessi», afferma Cristina Michielon. «Aprire una raccolta di fondi è l’unica cosa che ci è venuta in mente dopo esserci fatti fare una serie di preventivi per prestiti da restituire in 8 anni. La cifra che ci siamo posti come obiettivo della raccolta non coprirà tutte le spese, ma non ce la sentiamo di chiedere tutto quello che sarebbe necessario e quanto verrà raccolto aiuterà me e mio fratello e sarà di grande sostegno per nostra madre che ha iniziato le terapie, e altre ne seguiranno il prossimo anno».
E non appena è stata lanciata la raccolta di fondi, finalizzata a chiudere l’attività e a versare i contributi pensionistici, subito sono arrivate le risposte, tanto che nel primo giorno hanno superato quota 30 coloro che hanno voluto donare.
Un partecipazione che ha commosso Cristina: «Tanti donatori sono anonimi», dice, «ma io vorrei tanto chiamarli ad uno ad uno per nome, dando un’identità a quei numeri che rappresentano questa preziosa e toccante partecipazione e alimentano la nostra immensa gratitudine». —
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