«Mio figlio Marco non voleva suicidarsi»

VILLORBA. «Io non credo che Marco si sia buttato volontariamente sotto il treno. Stava attraversando un periodo in cui tutto andava bene: a scuola s’impegnava, aveva una fidanzatina, s’era preso pure un cagnolino che tanto desiderava. Non c’erano motivi perché Marco decidesse di togliersi la vita in quel modo. Non credo a chi dice: ha deciso di farla finita, come suo padre. No, e spero tanto che le indagini proseguano».
Anna Contarin è la mamma di Marco Cestaro, il 17enne di Villorba, morto lunedì sera, in un letto del reparto di rianimazione del “San Martino” per i traumi riportati nel tardo pomeriggio di venerdì alla stazione di Lancenigo, dopo essere stato travolto da un treno della linea Udine-Venezia. Non si rassegna, Anna, alla morte del figlio, a pochi mesi dal suicidio del marito. E lo fa con il tono composto e la fermezza di una donna che, seppur ferita e prostrata da un nuovo incolmabile dolore, chiede chiarezza. «Attendiamo delle risposte dall’autopsia e poi si vedrà».

La storia di Marco, lo studente di 17 anni dell’istituto alberghiero “Alberini” di Lancenigo, travolto dal treno venerdì scorso, si lega indissolubilmente al padre, agente di commercio 50enne, morto suicida sotto un treno sulla stessa linea ferroviaria, a Ponte della Priula, nello scorso ottobre. «Marco quel giorno - spiega la madre - è andato a scuola. Ad un certo punto mi ha mandato un messaggio dicendomi che sarebbe entrato più tardi a scuola. Ma all’istituto Alberini non è mai arrivato. Dalle 9.30 di venerdì il suo cellulare s’è spento e non sono più riuscita a contattare mio figlio. Io mi sono comprensibilmente preoccupata, anche se era già successo in passato che diventasse irraggiungibile e che si facesse vivo di sera».
Poi il ricordo va ai drammatici momenti in cui le hanno comunicato la tragedia. «Venerdì pomeriggio pioveva - racconta la donna - e ad un certo punto ho sentito le sirene delle ambulanze. Noi viviamo vicino alla stazione ferroviaria e l’angoscia m’ha assalito. Ho chiamato una sua amica di Portogruaro e mi ha detto di aver saputo che qualcuno s’era buttato sotto ad un treno. Poi una professoressa di Marco, che era andata ad accompagnare un collega alla stazione, ha scoperto quello che era appena successo. «Ci siamo sentite al telefono e mi ha passato gli agenti della Polfer. È come se mi fosse crollato il mondo addosso».
Marco ha lottato per poco più di tre giorni contro la morte in un letto dell’ospedale di Treviso, ma lunedì sera, poco dopo le 20, il suo cuore ha cessato di battere. «Sono molto arrabbiata: non è giusto quello che è successo. Con Marco tutto questo non doveva succedere».Alla fine il suo ricordo va al figlio. Un dolce ricordo. «Da quando è mancato il padre, era diventato molto affettuoso con me. Si preoccupava, quando mi vedeva piangere. Faceva di tutto per sollevarmi. A scuola s’era messo a studiare seriamente. Lo vedevo impegnato. Ce la metteva tutta. Non può essersi gettato sotto il treno. No».
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