Michele Tomasi è il nuovo vescovo di Treviso

Bolzanino, rettore del seminario di Bolzano e Bressanone, laureato in Economia alla Bocconi, succede a monsignor Gianfranco Agostino Gardin che lascia per raggiunti limiti di età
Don Michele Tomasi
Don Michele Tomasi

TREVISO. Don Michele Tomasi , 54 anni, bolzanino di nascita, è il nuovo vescovo di Treviso. Succederà a monsignor Gianfranco Agostino Gardin, insediatosi esattamente 10 anni fa nell’Episcopio di piazza Duomo, e che nello scorso mese di marzo ha maturato i 75 anni che per i vescovi è l’età della pensione.

L’indiscrezione arriva direttamente da Bolzano, dove ha sede la diocesi di Bolzano e Bressanone, ma è circolata rapidamente in diverse diocesi del Nordest. E oggi è arrivata anche la conferma ufficiale della Diocesi di Treviso, in grande fibrillazione.

Don Tomasi, terzo di tre fratelli, ha studiato a Bolzano, poi a Udine (qui ha frequentato le scuole medie) per laurearsi infine all’Università Bocconi di Milano in discipline economiche e sociali.

La scelta di papa Francesco ha colto in contropiede il mondo ecclesiastico trevigiano, almeno nella tempistica: tutti si attendevano ormai la nomina del successore di monsignor Gardin, in quiescenza, dopo l’estate e l’insediamento del nuovo pastore a fine anno. Così come era avvenuto nel 2009 per il vescovo uscente propheta in patria dal momento che è nato a San Polo di Piave. Monsignor Gardin, che in questi giorni, è fuori sede, impegnato negli esercizi spirituali. Sarà certo il primo a dare il benvenuto al suo successore.

Certo il profilo del nuovo pastore della Chiesa trevigiana conferma le previsioni di chi annunciava un forte ricambio dal punto di vista anagrafico (fra i papabili c’era il vescovo di Vittorio Veneto, monsignor Corrado Pizziolo, anch’egli trevigiano che ha 70 anni), in un’ottica di svecchiamento e di forte investimento su una figura emergente.

Non solo: è significativo anche il profilo di don Tomasi, e soprattutto la sua carica di rettore del seminario di Bolzano e Bressanone (non a caso erano circolati i nomi di altri rettori di seminari del Nordest).

È la conferma di una scelta di un vescovo in prima linea nella formazione degli ecclesiastici, in un momento di forti crisi vocazionali, e di una chiesa che si è già fortemente riorganizzata sul territorio. E qui, il curriculum ecclesiastico di don Tomasi aggiunge un’altra connotazione rilevante: a Bolzano e Bressanone.

Otre ad essere il vicario generale di riferimento della popolazione di lingua italiana (il suo corrispettivo tedesco monsignor Runggaldier è personal referent dei fedeli di lingua tedesca), Tomasi è stato vicario generale per il clero, ovvero il delegato del vescovo per i pastori nella parrocchie. Non a caso amava definirsi “il vicario in macchina” o “il don in uscita”, a ribadire il suo movimentismo.

E dunque ha una vocazione fortemente “territoriale” e di base, a contatto diretto con la frontiera: aspetti, di dinamismo e di attenzione al clero e alle sue realtà nei diversi paesi della diocesi, che hanno certamente costituito un motivo di spinta per la sua promozione, in un pontificato come quello di Francesco.

E in coda, ma certo non all’ultimo posto, una forte sensibilità verso gli ultimi e i poveri. Tensione e vocazione pauperista-francescana che sembra accomunare don Tomasi a monsignor Gardin. Sotto questo profilo c’è già una fortissima continuità tra il vescovo che lascia e quello che arriva. —

Andrea Passerini


 

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