Marcon sconfitto al Tar: «Chiudo l'azienda»
Caso rifiuti, accolto il ricorso di Comune e comitato: 50 dipendenti rischiano il posto

Una manifestazione alla Marcon
MASER.
Comune e comitato «Primavera» vincono contro il centro smaltimento rifiuti Marcon. La sentenza del Tar accoglie il ricorso presentato contro la Regione sull'ampliamento della ditta. Rabbia per Bruno Marcon: «Niente Consiglio di Stato, abbiamo le mani legate - infuoca il titolare - lasceremo a casa 50 dipendenti». La battaglia giudiziaria contro la Marcon rifiuti si è conclusa con la sentenza del Tar che accoglie il ricorso presentato dal Comune, sostenuto dalle 21 famiglie che fanno parte del comitato «Primavera». Un cavillo burocratico ha messo in ginocchio l'attività e la produzione della società di via Rizzi. Secondo il Tar la Marcon non ha rispettato i 120 giorni di tempo per presentare il progetto del monoblocco per l'attività di entrata e uscita dei camion che trasportano i rifiuti. Non è bastata la proroga di 45 giorni concessa dalla Regione: secondo la legge non può concedere proroghe. Per questo il Tar ha accettato le richieste della controparte. Il progetto prevedeva di sviluppare la l'attività nei settori dello stoccaggio provvisorio e del recupero per l'avvio al riciclaggio e quello dello smaltimento dei rifiuti. Sarebbero stati realizzati due nuovi edifici rispettivamente a est e a ovest dell'impianto già autorizzato e inoltre la razionalizzazione delle sezioni impiantistiche in esercizio con il relativo aumento della potenzialità annua di trattamento. Per un cavillo burocratico l'attività della Marcon non sarà ampliata: ora per l'azienda è crisi, con 50 dipendenti a rischio. «Abbiamo già speso 5 milioni di euro per questa causa - dice il titolare - non possiamo permetterci altri guai: quando arriverà la notifica chiuderemo la ditta». Il Tar nella sentenza non contesta nessun aspetto ambientale del progetto, e la mancata osservanza del termine di legge ha provocato la decadenza della domanda e quindi dell'intero procedimento con la conseguenza che la Marcon dovrà ripresentare la richiesta per l'ampliamento dell'impianto. L'appiglio procedurale su cui ora sarà da valutare come reagirà la Regione poiché l'errore sarebbe stato commesso dalla commissione regionale Via nel 2008. Per Bruno Marcon invece «non ci sono alternative e neppure i tempi tecnici per modificare le autorizzazioni esistenti per andare davanti al Consiglio di Stato. Non ci resta che mollare, anche se ciò significa mettere in difficoltà 50 famiglie».
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