Lo Schieson compie 300 anni i pronosteghi, le lune, le fiere

Esce l’edizione 2016 dello storico almanacco trevigiano stampato dal 1716. Emanuele Bellò è l’attuale Bepo Gobo da Casier : «L’ho ereditato da Maffioli»

Pubblicato senza interruzione dal 1716, è uno degli almanacchi più antichi d’Italia, visto che il Barbanera da Foligno è arrivato trenta anni dopo e che il Frate Indovino viene pubblicato dal secondo dopoguerra del Novecento. Lo Schieson Trevisan nel 2016 compie trecento anni di “pronosteghi”, mesi scanditi dalle fase lunari, consigli per lavori agricoli, lo zodiaco, i mercati, le fiere principali, i santi e le feste mobili con la firma dell'infalibile astronomo Bepo Gobo da Casier. Un nome talmente divenuto popolare che negli anni Venti del secolo scorso gli fu addirittura dedicata una canzone.

L’edizione 2016 dell’almanacco, che si affiggeva sulle porte della cucina o delle stalle, sarà presentata domani al Museo Etnografico Case Piavone e per la celebrazione dei tre secoli di stampa si farà vedere in pubblico anche l’attuale Bepo Gobo: Emanuele Bellò. Lo studioso di trevigianità (ex insegnante del Riccati) da tre decenni scrive con il celebre pseudonimo i divertenti pronostici per l’anno che verrà nell’almanacco lunario, che inizialmente era “Schieson de Casacorba”. «Lo pubblicava un parroco agronomo. Lo chiamò così riferendosi all’albero, lo s-cieson o pisoler, sotto cui si riunivano le persone a discutere i fatti del paese», racconta Bellò, «Sono trecento anni di almanacco e trenta miei. Io l’ho ereditato da Giuseppe Maffioli. Lui era davvero Bepo e stava proprio a Dosson di Casier. Ma il primo a firmarsi con il nome Bepo Gobo da Casier fu il grande poeta Augusto Serena nel 1907. Quel nome lo aveva sentito urlato da un vecchio venditore di calendari, che girava per le strade. Una sorta di uomo-sandwich. Io ne riproporrò questa figura nell’incontro alle Case Piavone».

Fu il tipografo Giovanni Pozzobon, nel 1744, a cambiare il nome “da Casacorba” a “Trevisan”; dopo di lui se ne occupò il figlio “Schiesoncin” («ma anche la moglie Schiesona» ricorda Bellò). In trecento anni si sono alternati 36 autori de “pronosteghi”, tra cui Gino Tomaselli (il poeta dialettale Caffè Nero) fino ad arrivare a Maffioli e quindi a Bellò. «È un incarico a vita», ci scherza sopra il professore, «Lo si lascia solo quando si va nell’altro mondo». Nel tempo l’almanacco si è arricchito di contenuti: oggi consiglia anche le pubblicazioni in dialetto di Luigi Pianca, “magnar e bévar” della tradizione, rimedi naturali come “par el convulso de tosse”, e indica frutta, verdura, erbe e semine mese per mese. Ma il pezzo forte è il pronestego dell’astronomo per l’anno nuovo. E ogni Bepo Gobo aveva un suo segreto per “indovinare” il futuro. «È noto che lo Schieson previde un anno prima la fine della Repubblica di Venezia, avvenuta nel 1797», ricorda Bellò, «Io avevo previsto la caduta del muro di Berlino. Ma si capiva che non poteva continuare la divisione dei blocchi. Tornando alle sue origini, bisogna ricordare che i contadini analfabeti non leggevano e che il prete agronomo che lo ideò cercava almeno di tirarli fuori dall’ignoranza , istruirli nelle buone pratiche agricole. Imparavano le fasi lunari, le feste religiose, le fiere. Lo Schieson negli anni è sempre stato apprezzato per il suo spirito popolare, l’arguzia, l’ironia. Usa la scuria per far tornare alla ragione e non punire, correggere i difetti con leggerezza. Ovvero, ludere non ledere».

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