Lega, Treviso si ribella: Schiavon in lista

Sostituirà Barbisan. Il capoluogo non voleva veder diminuito il suo peso alle regionali. Conte ha guidato la protesta

Christian Schiavon, commercialista, assessore al Bilancio del capoluogo, è il secondo candidato delle città per le regionali, in lista Lega: al posto del ritirato Riccardo Barbisan, travolto dallo scandalo del bonus Covid. Era il primo nome della lista. In alternativa c’erano assessori come Alessandro Manera, della Chiesa Votiva, o il neosegretario di circoscrizione Marco Tonellato. Senza contare Claudia Tronchin, che era rimasta fuori e ci era rimasta malissimo.

È il frutto della ribellione della Lega del capoluogo all’iniziale sostituzione di Barbisan con Nico Presti. Quel posto – ha “gridato” la circoscrizione del capoluogo con le sue tre sezioni – spetta a un altro candidato di Treviso. «Non a Presti, sindaco di Arcade uscente, contro cui pure non c’è nulla di personale, figurarsi». La rivolta è esplosa l’altra sera ai piani alti della Lega. E il fatto che alla testa ci fosse il sindaco Mario Conte dice tutto sul carattere geopolitico della presa di posizione, assolutamente inusitata. Il fatto che Barbisan fosse il referente dei voti dell’anima gobbiana ex lealista di Treviso (Gobbo, Michielon, Canova, Schiavon, Da Tos & Co.) e che dunque si ponesse il problema di una corrente del partito rimasta senza candidato alla viglia della chiusura delle liste, è un fattore che ha pesato, senza dubbio, ma non è stato determinante.

«C’erano due candidati, devono restare due. Gli 85 mila abitanti del capoluogo e il partito stesso di Treviso non meritano alcun sottodimensionamento», è il succo di quanto ha detto Conte al commissario provinciale Gianagelo Bof e ai componenti del direttorio provinciale, tra cui peraltro lo stesso Canova. Ma dicono che anche a livello di sezioni la sostituzione di Barbisan con Presti, e non con un altro big del capoluogo, abbia creato una sollevazione. I militanti sono insorti: «La storia della lega a Treviso è tale che non possiamo essere la colonia di nessuno», era il coro della base del capoluogo l’altra sera, «nemmeno dei Comuni dell’hinterland, pur con tutto il rispetto per gli altri militanti del movimento».

Conte e i leghisti della città ne hanno fatto una partita chiave, al di là del nome. Avere due candidati, per quanto rivali, farebbe correre l’intero partito, che allo stato non è “interamente” rappresentato dal solo Caner. Certo una candidatura di Schiavon, rispetto alle altre, rafforza da un lato la giunta del sindaco, specie nel caso di un’elezione di Schiavon, e riequilibra i pesi tra le anime del partito, perché darebbe ai gobbiani ex lealisti un candidato di bandiera.

Difficile pensare che Michielon, Canova & Co. si mobilitino per Caner, ma non volevano nemmeno portare il loro consistente pacchetto di voti ad altri candidati “foresti” rispetto alla città. C’era chi pensava potessero prendere la strada del vittoriese Gianpiero Possamai, vicino a Toni Da Re, riferimento storico del gruppo trevigiano; chi invece giurava potessero imboccare la Castellana, magari verso Nazzareno Gerolimetto, con voto interno “disgiunto”.

Niente di tutto questo. E sullo sfondo, adesso, la levata di scudi di Treviso fa capire che il caso Barbisan, fra i suoi mille effetti, ha prodotto un inedito ricompattamento del capoluogo, che potrebbe intaccare anche gli equilibri interni al partito. Non c’è dubbio che anche all’interno del partito Conte vuole pesare e affermare una centralità del capoluogo storicamente molto sbiadita.

Ieri sera il direttivo provinciale – con Bof c’erano Bepi Paolin, neodeputato, Daniele Rostirolla, sindaco di Morgano e responsabile dei sindaci, e Bepi Canova – ha discusso la “grana” e ha dato un primo disco verde. L’ultima parola passa ora a Zaia.—



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