Le mani della 'ndrangheta sulla Marca: dall’hotel Bolognese di Preganziol ai cantieri di Treviso

Per far funzionare il sistema la ’ndrangheta approfittava di tante società: azienda radicate nel territorio, inserite nel tessuto produttivo anche della Marca, insospettabili
TOME AG.FOTOFILM PREGANZIOL HOTEL BOLOGNESE
TOME AG.FOTOFILM PREGANZIOL HOTEL BOLOGNESE

TREVISO.  Un castello di fatture false immenso, grazie al quale far riciclare denaro al sodalizio a vantaggio delle cosche che operavano in Emilia e nel sud Italia. Per far funzionare il sistema la ’ndrangheta approfittava di tante società: azienda radicate nel territorio, inserite nel tessuto produttivo anche della Marca, insospettabili.

L’hotel bolognese. «Il progetto di investire a Treviso su una struttura alberghiera è nato nel 1996 quando Luciano Semenzato si innamorò dell'Hotel Bolognese e decise di investire su questa struttura». Così si presenta il notissimo albergo sul Terraglio, a Preganziol.

Luciano, deceduto nel 2014, è il padre di Federico Semenzato arrestato ieri mattina nel corso della maxi operazione della Direzione distrettuale antimafia. Di Federico la storia del Bolognese non fa menzione, ma è la “Segea” – società a lui riconducibile tramite un’altra Srl chiamata “Solferino” di cui è socio – a controllare l’hotel mettendo in minoranza i due fratelli che lavorano per l’hotel e sono estranei all’indagine. Secondo gli inquirenti la “Segea” dal 2012 al 2015 ha partecipato al giro di fatture false delle cartiere del sodalizio ricevendone una da 244 mila euro da un’azienda che figurava 1 euro a bilancio, ma fatturava milioni.

Le carte, servivano per mettere in moto soldi che giravano sui conti di altri esponenti del sodalizio. «Il pagamento disposto dalla Segea» si legge nell’ordinanza di arresto, «era girato alla Biasion (altra società del sodalizio, ndr), che il primo giorno lavorativo girava l’intera somma alla Trs (altra cartiera, ndr). Attraverso tali giri ha avuto luogo la restituzione dei contanti dagli esponenti dell’organizzazione a Federico Semenzato».

L’azienda che controllava l’albergo veniva utilizzata per far girare i soldi della mala. E avveniva così anche in altri ambiti: dal turismo ai cantieri. E il nome che torna è sempre quello di Semenzato.

I cantieri in ferrovia. Come la “Segea”, anche la “Segeco” era guidata da Luciano Semenzato. Alla sua morte la guida è passata alla moglie Laura Toninelli (indagata) ma l’azienda è per il 48% di Federico Semenzato, e per il restante 52% di quella “Solferino” di cui Federico è socio (“Solferino” che controlla la maggioranza di “Segea” e quindi del Bolognese). Di che si occupa? Cantieri ferroviari, e non lavoretti da poco se si tiene conto che il suo principale appaltatore è Rfi. “Segeco” in passato ha contribuito alla realizzazione degli interventi sulla Portogruaro-Treviso, ma appena tre settimane fa stava lavorando proprio a Treviso per la riqualificazione dei due passaggi a livello di via Benzi e via Cacciatori. E prima aveva lavorato sulla linea Treviso Montebelluna, sempre per conto di Rfi. Cosa faceva la società mentre gli operai lavoravano? «La Segeco è emersa in almeno 9 dei 31 giri di riciclaggio e fatture false» scrivono gli inquirenti. Dall’esame della documentazione contabile della “Segeco” «è emerso che avevano due provenienze: diretta e dal sodalizio».

Piccola edilizia. E a dimostrazione dei tanti tentacoli grazie al quale la ’ndrangheta riusciva ad allungarsi sulla Marca, ci sono le indagini che hanno riguardato la “Shala Coperture” di Asolo e la “EdilCoperture” di Montebelluna, società intestate a due fratelli grazie alle quali il sodalizio riusciva a rimettere in circolazione contanti “sporchi” sul territorio. E poi c’è la Car Edil, società edile intestata al riesino Ferdinando Carraro, azienda «che risulta coinvolta nei giri di riciclaggio nel 2014» si legge nell’ordinanza, risultando «aver ricevuto fatture false dalla aziende del sodalizio».

Sequestri per milioni. A seguito di questi collegamenti alla Segeco di Federico Semenzato sono stati sequestrati 996 mila euro, alla società che controlla il Bolognese 127 mila euro, ed altri 100 mila euro circa alle piccole aziende edili del trevigiano che operavano per la ’ndrangheta. Soldi che si aggiungono ai 2,7 milioni congelati dall’inchiesta nei conti di Semenzato, e ai 484 mila euro sequestrati dalla disponibiltà della madre, che è legale rappresentante anche della società che controlla l’hotel Bolognese. 
 

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