Latterie Venete alla conquista dell’Oriente

VEDELAGO. Latterie Venete, insieme con Ca.Form, cresce e punta ai mercati esteri, in particolare quelli del Lontano Oriente, come Giappone e Corea. L’azienda casearia di Vedelago, leader nazionale nella produzione di Montasio e al secondo posto per quella di Asiago (rigorosamente dop), a 4 anni dal nuovo assetto con l’acquisizione delle Latterie Trevigiane da parte della Ca.Form di Thiene, ha raggiunto una solidità economico-finanziaria che le permette di guardare a nuovi investimenti per l'export, ma anche produzioni sempre più richieste dalla clientela, ovvero formaggi biologici, light, senza lattosio. Con una particolarità: non solo forme da 14 chili, ma anche monodosi da un etto, e senza rinunciare alle produzioni locali di nicchia che hanno fatto la storia di questa azienda, ovvero i formaggi S. Pio X, Sile e Montegrappa. Tutto viene fatto in via Bassanese, a Vedelago, dove si è raggiunto il ciclo completo dalla raccolta del latte alla stagionatura, al confezionamento. «Quando abbiamo preso in mano questa realtà», spiega l'amministratore delegato Domenico Sartore, «la situazione era pesante sul fronte dei dipendenti, dei fornitori e del mercato. Ci siamo tirati su le maniche e passo dopo passo possiamo dire di aver ricostruito una eccellenza». La produzione in quattro anni è aumentata del 50 per cento, il fatturato è di 33 milioni di euro, i 51 dipendenti lavorano ogni giorno 1.500 quintali di latte, proveniente da oltre cento aziende agricole. Le produzioni maggiori, ovvero Montasio e Asiago, sono ormai attestate rispettivamente su 120 mila e 230 mila forme all'anno. «Inoltre», continua Sartore, «investiamo ogni anno circa un milione di euro in impiantistica e risparmio energetico. Ma non possiamo nasconderci che è una lotta senza tregua con i competitor stranieri. Per quanto riguarda l'export, sfruttiamo appieno l'appeal che ancora esercita il Made in Italy. Nel nostro caso ci teniamo molto, non solo perché qui tutto è davvero italiano, ma anche perché è una produzione che ha una storia alle spalle, doverosamente tutelata anche in termini di qualità. Sarebbe bello che questo facesse maggiormente breccia nella grande distribuzione, che il consumatore potesse scegliere privilegiando la qualità e non solo in base al prezzo». E qui, visto che si parte dal latte, si tocca un tasto dolente: «La competitività è spietata in un mercato globalizzato. Forse è stato fatto un errore mettere le quote quando non servivano e toglierle quando invece sarebbero state necessarie, visto che Germania, Olanda e Irlanda hanno incrementato la produzione. Un aiuto arriverà forse dall’obbligatorietà dell'indicazione di origine, ma solo se andrà di pari passo con un consumo consapevole, dove qualità e tradizione fanno la differenza». (d.n.)
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