La scelta etica di De Coppi «Non divido le gemelline»

Hanno 3 anni, sono unite: separarle condannerebbe una e forse entrambe  ll professore coneglianese rispetta la decisione del padre. Inghilterra commossa

Il medico si è fermato. Niente bisturi. Più della scienza poterono il senso della misura e la coscienza del limite, di un limite.

E la considerazione che la speranza di una (fragilissima) vita sarebbe passata per una morte certa.

Che fare, di fronte a due creature da separare, perché la natura le aveva fatte venire al mondo unite, ma al tempo stesso da condannare a morte, almeno una di esse? Davanti al Grande Dilemma, Paolo De Coppi, 47 anni, luminare originario di Santa Lucia di Piave, ha deciso di rispettare la scelta del padre. «Non ce la siamo sentita di scavalcare la decisione della famiglia», ha spiegato al Corriere della Sera, illustrando la linea dell’ospedale londinese. Non ci sarà alcun intervento per separare Marieme e Ndeye, le gemelline senegalesi di tre anni, il cui destino – segnato comunque - sta commuovendo l’Inghilterra il mondo intero, con un toccante special della Bbc. Operare avrebbe voluto dire dare una chance di salvezza – forse – a Ndeye, ma condannare a morte Marieme, la più vivace ma la più fragile. E comunque, anche restando unite, non sono destinate ad avere un futuro adulto. Hanno in comune il fegato, l’ intestino e l’intero apparato digerente.

La scelta di Paolo De Coppi, il luminare salito alla ribalta mondiale per aver scoperto le cellule staminali nel liquido amniotico, nel 2007. Dopo un’esperienza a Padova, si è trasferito all’estero e oggi guida l’equipe pediatrica del Gosh. Gli avevano portato le bimbe, dal Senegal, poco meno di due anni fa. E le ha curate e salvate, in questi mesi, anche con due interventi per tamponare complicazioni letali. Per poter alimentare la speranza di un futuribile intervento di separazione. E le bambine, come dicono i medici, sono ora stabili, con una qualità della vita accettabile», per quanto lo sia nel particolarissimo e rarissimo contesto.

Ma sarà vita insieme, non separata. Come sono nate, Marieme e Ndeye moriranno, un domani. L’intevento non si farà, anche perchè più passa il tempo e meno le condizioni lo consenitranno.

Anche Paolo ha detto no, come già la famiglia, in particolare papà Ibrahima, rimasto in Inghilterra a seguire le bimbe, mentre la mamma è rientrata in Senegal per seguire gli altri quattro figli. Non è stata una scelta di comodo, un trincerarsi.

«Non me la sono sentita, non ce la siamo sentita di esautorare la famiglia», ha spiegato ancora al Corriere della Sera, svelando il travaglio interiore suo, dei suoi collaboratori e dello stesso comitato di bioetica del grande ospedale londinese, che dal canto suo ha rinunciato a esercitare la prerogativa di rivolgersi alla magistratura, chiedendo la revoca della potestà genitoriale per poter procedere a un eventuale intervento su autorizzazione degli stessi giudici. «Come medici esitiamo e lavoriamo per dare vita, non per uccidere o per mettere fine», ha spiegato ancora, «come pensa mi sarei potuto sentire sapendo che operando avrei dato morte certa a una delle due bimbe, con l’alto rischio di perdere entrambe? Non siamo robot».

Così adesso cresceranno unite. «Niente le separerà», aveva detto papà Ibrahima, di fronte alla prospettiva offertagli dai medici secondo la scienza.

Il dottor De Coppi ha ribadito come «nemmeno il decesso certo di un delle due bimbe avrebbe garantito la sopravvivenza dell’altra».

Negli ultimi mesi, c’erano stati i due provvidenziali interventi per salvare la loro vite, sempre unite.

Ma ora la questione di sopravvivenza si era fatta estrema, suprema, senza appello, alibi, scorciatoie. Il Grande Dilemma, tanto più quando le condizioni più stabili di Marieme e Ndeye avrebbero teoricamente consentito un intervento separatorio.

Ma come ha voluto sottolineare lo stesso De Coppi, «non era un problema chirurgico, ma etico e morale». Bisturi, macchinari, computer: nessuno separerà ciò che è nato unito. Gli uomini e la scienza si sono fermati. —

A.P.

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