«La reputazione ferita» Amaro addio di Trinca

VOLPAGO DEL MONTELLO. Un lungo doloroso addio durato quasi otto ore, dall’inizio della assemblea alla proclamazione del nuovo consiglio di amministrazione, poco dopo le 16. Un calvario sciolto dagli applausi, le attestazioni di stima e qualche lusinghiero giudizio pronunciato in assemblea per la crescita tumultuosa che ha accompagnato la sua gestione.
Il giorno più lungo di Flavio Trinca, 75 anni, il figlio del pompiere diventato commercialista, poi deputato e infine presidente di una delle banche più importanti d’Italia, inizia tra molte strette di mano e qualche amara riflessione: «La vita gira» confida alle persone che si avvicinano. In seconda fila, questa volta discreta, c’è la moglie Alda Boscaro, assessore alla cultura a Montebelluna.
Lui, che democristiano è sempre stato, non riesce a trattenere la rabbia per una «cacciata» dal sapore amaro, determinata dalla Banca d’Italia. Appena tre mesi fa nessuno poteva immaginare un epilogo così traumatico. Poi, a fine marzo, una ultimativa lettera di Banca d’Italia ha posto fine ad ogni possibilità di restare al suo posto. Il tempo che non ha potuto regalare ai figli (uno di loro, Alberto, è stato nominato nel collegio sindacale della banca giusto ieri), adesso l’ormai ex presidente di Veneto Banca lo restituirà ai nipoti.
Si scioglie nel corso della giornata, concedendosi qualche battuta: «Ma se qualche volta torno a mangiare in mensa mi volete?».
Presidente, un saluto amaro?
«Io l'ho vissuta con grande passione, serietà e compostezza. Essere allontanato per le motivazioni che sono state illustrate non mi sembra giusto. Non tanto per me, ma per l'azienda. Per quanto mi riguarda ho una certa età, ad un certo punto bisogna mettersi da parte».
Ha mai pensato in questi mesi di lasciare prima dell'assemblea?
«No altrimenti chissà cosa avrebbero detto di me. Certamente per loro sarebbe stata la prova tangibile che la colpa di quello che mi accusano, era tutta mia. Se io me ne fossi andato quando Bankitalia ci ha dato quel rapporto tutta la responsabilità sarebbe finita solo sulle mie spalle, non mi sembrava giusto».
Quello di Bankitalia è un rapporto che distorce la realtà?
«I conflitti d'interesse non ci sono: le banche popolari nascono per supportare anche i soci, anzi nelle prime banche popolari erano gli stessi soci ad utilizzare il denaro che raccoglievano. Ci sono delle regole in base alle quali vengono assegnati gli affidamenti, se vengono rispettate, dov'è il conflitto d'interessi?»
Secondo lei l'operazione di Bankitalia è stata pensata per imporre un'aggregazione però è irricevibile?
«Per quanto mi riguarda sì. La richiesta che ci è stata fatta, non in maniera scritta ma verbale è stata: lasciateci la banca. Noi non siamo sostanzialmente contrari ad un'aggregazione, tanto più se è il sistema globale a ragionare in questa direzione. Ma deve essere fatta nel modo giusto».
Qual è l'accusa più odiosa avanzata da Bankitalia?
«Di avere retto il sacco a Consoli. Se avessi ritenuto che il suo operato stava andando nella direzione sbagliata l'avrei detto. Se non l'ho fatto, evidentemente non ho mai avuto dubbi. E credo che i risultati ottenuti in questi anni lo testimoniano».
Dopo diciassette anni, che banca ha trovato e che banca lascia?
«Ho trovato una piccola banca del territorio, lascio una delle più importanti banche europee. Siamo cresciuti assieme al Nord Est e con lui abbiamo sofferto nell'ultimo biennio».
Cosa farà adesso Flavio Trinca?
«Intanto mi riposo, andrò a stare un po’ da mio figlio. Ho due nipotini, cercherò di dedicare a loro il tempo che non ho dedicato ai miei figli nel momento del boom della professione. Non avevo spazio, non avevo tempo. Cercherò di restituirlo, come nonno i loro figli».
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