La provincia di Treviso sperimenta la più grande siccità: chiusi tutti i canali del Piave

Treviso. Per dieci giorni, dal 18 al 28 marzo, in asciutta tutti i canali collegati al Piave «Scopriremo l’effetto del taglio delle derivazioni». Assemblea pubblica il 12

TREVISO. Per la prima volta il Consorzio Piave chiuderà contemporaneamente tutti i canali di derivazione dal Piave e li terrà chiusi per dieci giorni consecutivi azzerando la portata d’acqua nelle campagne di mezza provincia.

«Sarà di fatto un esperimento, una simulazione» spiega il presidente Giuseppe Romano. Di cosa? Dell’effetto delle riduzione dei prelievi dal fiume stabilita dalla Regione, che ha imposto di arrivare al 2021 garantendo al Piave una portata di 25-30 metri cubi al secondo rispetto agli attuali 10 metri cubi (il cosiddetto “Deflusso ecologico”), «ma anche» segue Romano, «l’effetto di una potente siccità, ipotesi non certo inverosimile visti i tempi che corrono e le ultime esperienze estive».

Le chiuse caleranno il 18 marzo e verranno riaperte il 28 marzo, nel medesimo periodo il Consorzio Piavesella metterà in asciutta il Piavesella per consentire la realizzazione di cantieri a scavalco dei canali per la realizzazione della Pedemontana Veneta. Di fatto è stata proprio la necessità di azzerare la portata d’acqua di alcuni canali per far realizzare i viadotti della superstrada a indurre il Consorzio a riunire in un unico periodo le “asciutte” posticipandole rispetto al calendario solito. «Con la serrata dei principali canali di derivazione dal Piave verrà azzerato l’afflusso d’acqua a tutta la rete di canali e fossati a questi collegati» spiega il presidente del Consorzio Piave, «Avremo modo così di monitorare quali potrebbero essere gli effetti di questa drastica riduzione di acqua e testarne l’estensione».

Secondo il Consorzio infatti la chiusura dei canali non interesserà solo le due rive del fiume, ma un territorio ben più ampio che comprenderà anche il capoluogo. «Lo ripetiamo da anni: il 50% dell’acqua del Sile arriva dal Piave attraverso la Piavesella e altri canali secondari, e si vedrà». La mappa che pubblichiamo in testa alla pagina ben evidenzia quando grande sia la rete della canalizzazione alimentata dall’acqua del Piave, e il consorzio lo illustrerà il 12 marzo nel corso di una lunga assemblea che al mattino sarà riservata ai sindaci di 60 comuni e agli amministratori di Provincia, Regione e enti territoriali vari; alla sera (20.30) invece sarà aperta al pubblico.

«Spiegheremo obiettivi e interessi della sperimentazione di asciutta generale» continua Romano, «cercando di coinvolgere tutti in questo monitoraggio». Quel giorno infatti il Consorzio aprirà una pagina web dedicata all’evento all’interno della quale tutti, dalle amministrazioni ai privati cittadini, potranno accedere segnalando anomalie nella rete idrica; «Dal fosso prosciugato ai cattivi odori apparsi all’improvviso» spiega il consorzio, «da eventuali pozzi rubinetti a secco a problemi con l’acquedotto o altro». Così il Consorzio intende fotografare gli effetti diretti della “siccità” in modo capillare e quanto più possibile esteso. È noto che al Consorzio stia stretta la stretta sulle derivazioni d’acqua dal Piave chiesta dagli ambientalisti e accolta dalla Regione.

L’acqua del Piave per il consorzio è una risorsa, anche economica, ma Romano rifiuta che l’asciutta generale sia un tentativo di forzare la mano sul tema assetando il territorio. «Sono pratiche che facciamo ogni anno, stavolta le facciamo contemporaneamente approfittando della Pedemontana e con una prospettiva di studio chiaro. Vogliamo un Piave ricco d’acqua» specifica, «ci mancherebbe. Quello che chiediamo però è che prima si intervenga per fare in modo che alla tutela del fiume si leghino opere che tutelino tutta la rete idrica che fino ad oggi ha alimentato il territorio grazie al Piave».

Il Consorzio si riferisce ai milioni (350 circa) che dovrebbero essere impiegati per convertire in grandi bacini idrici le ex cave, «garantendo riserve d’acqua da sfruttare nei periodi di magra evitando attingere al fiume, e da riempire nei momenti di grande disponibilità». E poi i finanziamenti per la conversione dell’irrigazione “a canaletta” in irrigazione “a goccia”. «Noi siamo intervenuti già su 12 mila ettari di terreno, ne mancano altri 30 mila». Di qui la chiamata alle armi a tutti gli enti perchè investano nella rivoluzione. Il rischio è rimanere a secco davvero, anche di cassa. 

Argomenti:piavesiccità

Riproduzione riservata © Tribuna di Treviso