La piccola patria dei cinesi «Una comunità molto chiusa»

Il sindaco Sergio Baldin sfata il mito di Chinatown veneta «Molti se ne sono andati senza neanche comunicare agli uffici il trasferimento» 
DeMarchi Castelfranco festa comunità cinesi in italia padre Francesco Pavin organizzatore evento DeMarchi Castelfranco festa comunità cinesi in italia
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ALTIVOLE

Un tempo veniva la «Chinatown» del Veneto. Poi, con la crisi, moltissimi si sono trasferiti: oggi i cittadini cinesi rappresentano un quarto di tutti gli stranieri residenti nel Comune di Altivole, in numero 175 persone. Una comunità molto chiusa, con pochi contatti con l’esterno. Quasi tutti sono occupati in decine di imprese tessili che lavorano per conto terzi. «Molti cittadini cinesi – spiega il sindaco Sergio Baldin – qui avevano avviato attività economiche hanno scelto altri luoghi e anche nuovi impieghi».

E non sempre le imprese che lasciano si preoccupano di chiudere le pratiche burocratiche legate al Comune.

«Se può essere significativo – continua Baldin – in quattro anni credo di aver dato la cittadinanza italiana solo ad una persona di origine cinese, un ragazzo. Non vi sono rapporti ufficiali con questa comunità, le relazioni sono praticamente inesistenti. Questo riguarda però solo gli adulti: i ragazzi di seconda generazione sono infatti perfettamente integrati con i loro coetanei nel mondo della scuola, spesso sono proprio loro a fare da mediatori con i genitori».

Conferma una certa «estranietà» alla comunità locale anche padre Francesco Pavin, dei Missionari della Sacra Famiglia che è vicario nelle tre parrocchie altivolesi. «Dobbiamo entrare nella loro mentalità – spiega padre Francesco – per loro il lavoro viene prima di ogni cosa e devono farcela da soli, arrangiandosi come possono, ma quasi esclusivamente tra loro. Non sa la fatica che devo fare per convincere gli adulti a partecipare a qualche momento comune, magari condividendo usi alimentari occidentali». —

Davide Nordio

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