La moda trevigiana vale 2,4 miliardi «Ma i big soffrono»

Il comparto dei tessuti è sempre cresciuto dal 2009 a oggi Bottoli: «Grandi realtà in crisi, meglio le piccole imprese»
DE POLO AG.FOTOFILM TREVISO CONVEGNO A PALAZZO DEI 300. PATCHWORK ARTE CHE UNISCE
DE POLO AG.FOTOFILM TREVISO CONVEGNO A PALAZZO DEI 300. PATCHWORK ARTE CHE UNISCE

TREVISO. Dalla riscoperta dei bachi da seta a Vittorio Veneto alle crisi dei giganti Benetton e Stefanel, il distretto della moda a Treviso è un comparto pieno di contraddizioni che, però, dal 2009 a oggi ha continuato a crescere. Oggi, secondo i dati della Camera di Commercio Treviso e Belluno, vale 2,4 miliardi di euro di export (l’11,4 per cento in più rispetto a dieci anni fa), e dà lavoro a 13.466 addetti. Il problema per il futuro è lo stesso di altre realtà manifatturiere: trovare personale.

nomi e numeri

Il quadro del settore lo ha fornito ieri l’associazione Patchwork Idea Treviso, organizzatrice di un convegno sullo sviluppo dei distretti del tessile tra la Marca trevigiana e il Giappone. Il “sistema moda”, che include chi produce fibre tessili ma anche chi commercializza articoli di maglieria, valeva 2,1 miliardi di euro di export nel 2009, ne vale - al 31 dicembre 2017 - 2,4. Scarpe, tessuti, articoli sportivi prodotti nella Marca finiscono soprattutto in America settentrionale (export di 262 milioni nel 2017) e in Medio Oriente (30 milioni), mentre in Europa sono apprezzati soprattutto in Germania, Francia e Romania (aggregato di 815 milioni). Se in questi anni è cresciuto il fatturato, non altrettanto si può dire delle sedi d’impresa, passate da 1.670 (nel 2009) a 1.638 (dato al 30 settembre 2018). Gli addetti, complessivamente, oggi sono 13.466. A livello di maglieria i brand principali sono Giordano’s (Cappella Maggiore), Innocenti (San Vendemiano), Ferdinanda (Vazzola), Spagnol (Montebelluna); anche nel tessile i nomi storici - oltre alla Monti di Maserada - si concentrano nella Sinistra Piave con il Lanificio Paoletti (Follina), Serica 1870 (Follina), Lanificio Bottoli (Vittorio Veneto). Oltre a una miriade di artigiani della tessitura che puntellano i paesi della Marca. «La somma dei piccoli dà occupazione e fatturato» spiega Roberto Bottoli, titolare del lanificio vittoriese e coordinatore del settore moda di Confindustria Veneto, «paradossalmente alcuni grandi nomi soffrono di più».

i giganti in crisi

Le crisi di Benetton, Olimpias e Stefanel, e le delocalizzazioni di (per esempio) San Remo a Caerano, raccontano però una storia diversa. «Sì, alcuni punti di riferimento sono andati in crisi dando una percezione di svuotamento del settore che, tuttavia, non corrisponde alla realtà» spiega ancora Bottoli, «la crisi c’è stata ma è compensata dalla vitalità di chi è meno visibile. Le grandi cattedrali della moda non ci sono più, è rimasta una galassia di attività diverse». Le grandi crisi hanno anche un altro risvolto: «Non ci aiutano a trovare addetti, perché fanno una cattiva pubblicità al comparto. Mancano operai e tecnici tessili, assistenti di tessitura e tintoria, programmatori di macchine elettroniche. Le famiglie storiche faticano a rinnovare il gruppo di collaboratori, cerchiamo di organizzare corsi in tutta la regione per far capire che di opportunità, in questo comparto, ce ne sono ancora parecchie». —

Andrea De Polo

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