La moda ostaggio del caporalato. Stipendi da fame e sedi clandestine

TREVISO. L’impresa della moda, fiore all’occhiello dell’industria trevigiana, ostaggio di laboratori in nero, operai sottopagati, contratti pirata. Si stima che dei circa mille laboratori artigianali della Marca, che confezionano abiti, scarpe e accessori per i grandi marchi mondiali della moda, circa 300 siano irregolari e lavorino sottocosto pagando i propri dipendenti 2 euro l’ora a fronte di un contratto nazionale da 16 euro. Il grido d’allarme è quello degli artigiani trevigiani del settore, che chiedono di introdurre norme più severe per colpire penalmente chi si macchia di irregolarità. «Oggi un laboratorio in nero viene multato con una sanzione di tremila euro, resta chiuso due giorni e poi riapre» denuncia Vendemiano Sartor, presidente di Confartigianato, «chiediamo che si applichi l’articolo 603 bis del codice penale sullo sfruttamento del lavoro».
Non solo cinesi
Oggi in Veneto sono 5 mila le imprese del settore moda, di queste quattromila sono artigiane, tremila contoterzisti. La Marca conta un quinto delle imprese del settore. Il 30 per cento sono le attività “più o meno” irregolari: significa qualcosa come 300 società nella Marca. “Più o meno” perché accanto a chi opera nella totale illegalità c’è anche chi applica contratti pirata perfettamente regolari firmati con sigle sindacali di comodo. «I committenti, cioè i grandi marchi mondiali della moda, stanno riportando in Italia le produzioni per avere certificazioni ambientali e qualità che all’estero non potrebbero ottenere» spiega Andrea Saviane, segretario regionale Confartigianato Moda, «il problema è che in Italia stanno nascendo sempre più laboratori clandestini che lavorano a prezzi stracciati e “massacrano” le società italiane che rispettano le regole. Parliamoci chiaro: questi laboratori sono per la maggior parte cinesi, ma non soltanto. Anche molti italiani per risparmiare affidano lavorazioni in conto terzi a laboratori cinesi o ad altre realtà che prosperano nel sottobosco normativo».
Treviso come Prato
Il problema è stato affrontato in un convegno organizzato da Confartigianato, ieri, nella sede trevigiana dell’associazione. Tra gli ospiti Flora Leoni, assessore alla Sicurezza di Prato, città paradigma della difficile convivenza “produttiva” tra locali e orientali. Treviso, capitale della moda con un valore di esportazioni da 2,4 miliardi l’anno, rischia di trasformarsi nella Prato del Nordest. «I laboratori in nero stanno rimpiazzando quelli italiani» conclude Saviane, «servono nuove regole per applicare il codice penale a chi si macchia di queste irregolarità. O i nostri laboratori tradizionali saranno sempre di meno». —
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